Il Giro a Roma, storie e protagonisti in più di un secolo

Sono state 149 tappe, tra arrivi e partenze, ma quella del 2023 è solo la quinta volta che la corsa si chiude nella Capitale. Tra gioie, dolori, polemiche e campionissimi

Sabato 27 Maggio 2023 di Pietro Cabras
Costante Girardengo batte Alfredo Binda nel 1926 a Roma: era il 21 maggio 1926

«Sarebbe speciale chiudere in maglia rosa a Roma» ci raccontava il primo maggio scorso Remco Evenepoel, il campione del mondo, prima che il Covid lo costringesse a ritirarsi in maglia rosa.

Roma ha da sempre avuto fascino sui corridori, lo spiegava Gianni Bugno, che da ragazzo a Caracalla vinse il Gp della Liberazione e poi il Giro del Lazio davanti all’Arco di Costantino, in maglia iridata. Appeal e tradizione, anche se la città eterna non si può ritenere un paradiso per i ciclisti, come dimostrò la protesta dei corridori nel 2018, quando spinsero gli organizzatori a neutralizzare gli ultimi giri di un circuito giudicato troppo pericoloso, tra sampietrini inevitabili e qualche buca di troppo.

Dal Motovelodromo Appio a oggi

Ma il tempo chiude gli strappi e le buche, e Roma può ricominciare domani una storia d’amore lunga quanto il Giro stesso, se è vero che fu un romano, Dario Beni, a vincere la tappa inaugurale, da Piazzale Loreto a Bologna nel 1909, e poi il gruppo di 127 corridori piombò su Roma dove vinse Luigi Ganna, che si prese la rosa e la riportò fino a Milano, intestandosi la prima riga dell’albo d’oro.

Galetti unico italiano

Roma è la seconda città d’Italia ad aver ospitato più tappe, tra partenze e arrivi domani sono 149, seconda soltanto a Milano. Ma sarà appena la quinta volta che qui si proclama il vincitore, dopo 1911, 1950, 2009 e 2018. Questione di geografia che non aiuta, sono le salite vere che scelgono eroi e sconfitti, anche se il Giro attuale sta beffardamente dimostrando il contrario, ed è una crono a incoronare un altro vincitore straniero a Roma: sarà il quarto su cinque, perché in quel 1911 dei pionieri, Carlo Galetti, lombardo di Corsico, futuro tipografo e costruttore di bici - ancora prodotte col suo nome - non poteva certo sapere che sarebbe ancora stato l’ultimo vincitore italiano ad aver festeggiato nella Capitale, quando santificò i cinquant’anni del Regno d’Italia.

L'idolo Beni

Il 6 giugno 1911 la folla entrò a fatica nel Motovelodromo Appio per accogliere il gruppo impolveratissimo proveniente da Caserta, dove la tappa era stata spostata perché era spuntato un traguardo volante, ovvero qualcosa da mettere in tasca e sotto i denti. Come successe immancabilmente la sera: per festeggiare l’idolo locale Dario Beni fu organizzato un banchetto sontuoso. Non vinse la tappa, il romano, trascinato a terra da Pavesi in volata, e la frazione andò al granatiere bolognese Corlaita. E si consolarono in trattoria, tutti insieme.

I grandissimi

Roma è entrata nella storia dei grandissimi, con le cinque vittorie di tappa di Costante Girardengo, tra cui la Lucca-Roma del 1914, la tappa più lunga mai disputata, 430 km in 17 ore e mezzo. Non che non protestassero, i corridori, allora come oggi: una Pescara-Roma fu annullata per un errore di percorso e il gruppo, furibondo, si trasferì in treno facendo imbufalire a loro volta i tifosi che li aspettavano allo Stadio Nazionale, l'impianto che sorgeva dove ora giace il Flaminio. Sotto il Colosseo non riuscì a vincere Binda, battuto da Girardengo, ce la fece Bartali in planata dal Terminillo, si fratturò il bacino Coppi nel 1950 (e a Roma chiuse in rosa l’elegantissimo svizzero Koblet), ma non si può omettere che due anni dopo la Siena-Roma fu funestata dalla morte del romagnolo Orfeo Ponsin, 23 anni, finito contro un albero vicino a Bracciano.

Froome, senza rimpianti

Negli anni le esigenze di tracciato e di business hanno portato sempre meno il Giro tra i sampietrini: da ricordare i corridori in Vaticano nel 1974, la partenza del 2000 per il Giubileo con la crono del ceco Hruska, la caduta senza conseguenze della maglia rosa Menchov nel 2009, fino a Chris Froome, ultimo vincitore nel 2018, che nessuno rimpiange.

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