La sua sesta vittoria da professionista, a fine 2019, l'aveva portata a casa in 45 secondi, contro l'americano Colby Madison. Ora, a distanza di sei mesi, e con una quarantena di mezzo, il romano Guido Vianello si ripete, e manda al tappeto l'avversario, lo statunitense Don Haynesworth, in poco più di due minuti. «Avversari facili», commenta provocatoriamente qualcuno sui social. Ma Vianello, che in America è diventato “The Gladiator”, dopo aver abbandonato una carriera certa, da pugile, nel Centro sportivo dei carabinieri, non si scompone, come avviene sempre quando è oggetto delle critiche degli hater.
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«Se guardiamo a tutti i campioni attuali della scena mondiale, da Fury a Joshua passando per Wilder, i loro primi match li hanno combattuti contro pugili allo stesso livelli di quelli miei – risponde Vianello in collegamento da Las Vegas - E' un percorso standard delle carriere, principalmente americane, per costruire pugili di un certo livello. Se devi provare un destro, come ho fatto io nel mio ultimo match, non puoi provarlo in un match mondiale contro Wilder, perché saresti bloccato e non renderesti nello stesso modo. Questi match servono a testare determinati colpi vincenti. Io oggi non sono più forte di Fury e Wilder, ma in futuro lo sarò. Questa è la mia gavetta». «Ora dobbiamo essere uniti, come italiani – dice The Gladiator, che ha indossato la bandiera Tricolore sulle spalle, prima di salire sul ring - e andare insieme, passo passo, verso il titolo mondiale».
Qualità degli avversari a parte, Vianello viene dopo mesi di preparazione intensa, che non hanno scalfito il suo peso forma di 108 chili (per 1 metro e 98): «Non mi sono fermato durante il lockdown ma mi sono allenato in maniera regolare – spiega – Abbiamo individuato una persona fidata, che seguisse tutte le norme anti-covid, per lo sparring.