Quello di Edgar Berlanga, per chi non mastica di pugilato, è probabilmente un nome che dice poco.
BORSE PIÙ ALTE
Parliamo del fatto che il record del giovane statunitense un po’ di soggezione nei suoi rivali comincia a metterla. Al punto che i promoter faticano a trovare sfidanti disposti a salire sul ring per cifre accettabili. Tanto per chiarire il concetto: l’ultima “vittima” della furia sportiva di Edgar, Ulises Sierra, per incrociare i guantoni con lui ha richiesto un “ritocco” dell’ingaggio e alla fine si è saputo che ha intascato la borsa più alta mai percepita nella sua carriera (top secret la cifra, sempre difficile saperle con esattezza). E Sierra non è certo uno sprovveduto, vantando nel suo curriculum anche periodi di allenamento con sua Maestà Saul “Canelo” Alvarez. Ciononostante Berlanga lo ha mandato al tappeto tre volte in un round. Alla terza l’arbitro non ha nemmeno contato e ha dichiarato chiuse le ostilità. Due minuti e 40 secondi in tutto. «I primi tredici avversari non erano fenomeni - ha ammesso Andre Rozier, il suo allenatore - ma nelle ultime tre sfide abbiamo cercato avversari molto più impegnativi ma il risultato non è cambiato». Quello che è cambiato è che, oltre a Sierra, anche per gli altri due sfidanti in questione - i connazionali Eric Moon e Lanell Bellows - la borsa intascata è stata la più alta mai guadagnata. Da parte sua, Berlanga, la prende con filosofia. «So che hanno chiesto tutti un sacco di dollari per sfidarmi, lo vedo come un segno di debolezza. Ma immagino che sia una situazione alla quale dovrò abituarmi. E soprattutto dovrò accontentare Andre che vuole vedermi all’opera per più di 3 minuti».
MATCH FLASH
Ecco: se sul pugno di Berlanga non ci sono dubbi, la tenuta sulle dodici riprese è tutta da dimostrare. «Vogliamo vederlo combattere per diversi round - aveva spiegato il promoter Carl Moretti, vicepresidente di Top Rank, prima dell’incontro con Bellows nel sottoclou di Lomachenko-López - Deve fare esperienze oltre i tre minuti. Siamo entusiasti di Berlanga ma non possiamo continuamente chiederci se la sua benzina duri oltre il primo round e cosa sia capace di fare oltre quel limite». Parole in cui soddisfazione e un certo imbarazzo si miscelano. Vero è che lo stesso Edgar inizia a sentire il peso di questa etichetta. «Io non punto a vincere al primo round. Se i miei avversari resistessero in piedi farei un piacere al mio allenatore. Prima o poi dovrò dimostrare di essere competitivo anche sulla distanza». Parole sagge. Ma contro chi? La caccia al prossimo impavido è appena cominciata. Sempre a patto di mettere qualche dollaro in più sul piatto della bilancia.