Muti, concerto a Vienna (senza pubblico): «A Capodanno il Covid non cancellerà la gioia»

Giovedì 24 Dicembre 2020 di Flaminia Bussotti
Muti, comcerto a Vienna (senza pubblico): «A Capodanno il Covid non cancellerà la gioia»

Quella sala la conosce come fosse casa sua per avervi diretto i Wiener Philharmoniker in 50 anni di sodalizio. Ma stavolta, per colpa del Covid, la Sala d'Oro del Musikverein a Vienna sarà vuota quando Riccardo Muti, l'1 gennaio, dirigerà il celebre Concerto di Capodanno. Anche per il venerato maestro, prediletto dai viennesi, e veterano del Neujahrskonzert (lo ha diretto nel 1993, 1997, 2000, 2004 e 2018) questa sarà una prima assoluta.
Maestro, fra pochi giorni parte per Vienna per dirigere il suo sesto Concerto di Capodanno, in un'edizione senza precedenti. Come sarà?
«Certamente è un concerto insolito riguardo al rapporto con il pubblico trattandosi di un concerto di auguri e gioia, anche se comunque quei valzer degli Strauss, che annunciano la fine dell'impero, sono intrisi di gioia e malinconia, vita e morte. Certi brani, come le Polke, sono legati allo spirito trascinante del pubblico. Sarà strano eseguirli nel silenzio. Non so come sarà, perché è un'esperienza che non ho mai fatto, ma certo sarà molto diversa dalle altre. Lo streaming porterà però un messaggio di gioia e augurio in tutto il mondo. I viennesi ci tengono a questo concerto, lo considerano un patrimonio straordinario e un punto riferimento nel mondo. Sono stati cancellati tutti i concerti ma questo no, non è mai stato preso in considerazione».
Ci sarà la Marcia di Radetzky come sempre alla fine (è prevista la possibilità di applaudire via streaming, previa registrazione, ndr)?
«Nessun cambio programma. Si farà la Marcia di Radetzky che dall'anno scorso è eseguita nell'edizione originale, meno militarizzata. Il pubblico potrà sentirla per intero senza il disturbo degli applausi in sala che talvolta erano sbagliati, fuori tempo. Sarà una marcia leggera, gioiosa».
Il brano di Josef Strauss, Ohne Sorgen, Senza preoccupazioni, suona strano in questo periodo: Un auspicio? O una ironia?
«Il programma è stato fatto prima del virus. Lo suoneremo indipendentemente dal titolo, ma poiché dentro c'è una risata, vogliamo sbeffeggiare il virus odiandolo per le tante vittime che ha mietuto. Prendiamolo come l'augurio che noi vinceremo il virus».
Difficile immaginare la Sala d'Oro vuota: neanche il cancelliere e personalità vip?
«Sala deserta: niente pubblico, giornalisti e vip. Saremo soli, ma sono abituato: dirigo lì da 50 anni e alle prove la sala è vuota. Ma questa volta il vuoto per noi è drammatico, non è quello delle prove, e ci concentreremo sulla musica: Musik für die Musik. I pezzi sono vere gemme. Non a caso pare che Brahms dicesse che avrebbe dato molta della sua musica per l'inizio geniale del Bel Danubio Blu. Adorazione che anche Verdi aveva per Johann Strauss. Amore ricambiato: nella quadriglia ci sono infatti temi da Rigoletto, Ballo in Maschera, Traviata. Tempi e temi verdiani usati non per ridicolizzarli o fare ironia, ma per ammirazione, e divenuti popolari a Vienna».
È stato per tutti un anno eccezionale con progetti saltati, paura del contagio, niente contatti sociali: come si è difeso lei? Quanti concerti ha cancellato?
«Tutti. Ho fatto solo dei concerti con la Cherubini a Ravenna con pubblico diradato, a Ravello, Spoleto, Paestum, e a Caserta da poco in una sala completamente vuota, che andrà in tv e streaming a gennaio. Purtroppo niente Chicago fino a marzo, speriamo ad aprile. Sono in contatto continuo con la Chicago. Ho fatto un video dove suono al piano un valzer meraviglioso del 1826 di Schubert e l'ho mandato ai musicisti che l'hanno molto apprezzato».
C'è qualcosa di positivo che ha saputo ricavare dallo streaming e l'isolamento di questo periodo?
«Premetto che la musica deve essere vissuta dal vivo, con il pubblico in sala, perché così è concepito il teatro. L'attore o il musicista si esprime sul palcoscenico e il pubblico deve vivere quel momento di creatività dell'interprete. Ma lo streaming può raggiungere milioni e milioni di persone con una potenza educativa grandissima, se adoperato con criterio. Fermo restando che non deve essere sostitutivo».
La pandemia ha decimato le istituzioni culturali e ridotto le già scarse prospettive dei giovani di avere un futuro. Ristori a parte, cosa si dovrebbe fare?
«I teatri non sono luoghi dove è facile contagiarsi perché la gente sta seduta a distanza, con mascherine e non parla.

Non sono virologo, ho ascoltato gli esperti che spesso hanno opinioni diverse. Penso però che i teatri, con le dovute cautele, si possano aprire. Si devono aprire tutti i teatri immaginabili perché i giovani non solo devono trovare lavoro, ma accendere la fantasia e l'immaginazione per il bene delle generazioni future. Siamo stanchi di eventi nelle grandi cattedrali nel deserto».

 

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Ultimo aggiornamento: 17 Febbraio, 06:15 © RIPRODUZIONE RISERVATA