Enrico Ruggeri: «Vi racconto i tre giganti che hanno fatto la storia della musica»

Venerdì 15 Novembre 2019 di Mattia Marzi
Enrico Ruggeri e Bianca Guaccero

Enrico Ruggeri torna in tv. Stavolta per raccontare tre personaggi che hanno fatto la storia della musica italiana: Fabrizio De André, Lucio Dalla e Lucio Battisti. L’ex leader dei Decibel (62), non nuovo a esperienze televisive come conduttore (l’esordio sul piccolo schermo risale al 2005 con Il bivio), li celebra con Una storia da cantare, tre prime serate in onda il sabato sera - a partire da domani, con la puntata dedicata a De André - in diretta dall’Auditorium Rai di Napoli. Al suo fianco Bianca Guaccero e ospiti che vanno da big come Ornella Vanoni e Loredana Berté a emergenti come il rapper Willie Peyote.

Enrico Ruggeri, nuove date si aggiungono al tour estivo che porta sul palco l’ultimo album “Alma”

L’ennesimo programma per celebrare in maniera nostalgica la canzone d’autore?
«Ci sarà spazio per i ricordi, certo, ma omaggeremo De André, Dalla e Battisti anche dimostrando quanto siano attuali. È per questo che abbiamo invitato artisti di nuova generazione come Anastasio e The André».
Perché proprio De André, Dalla e Battisti, e non Modugno, Tenco, Jannacci, Endrigo?
«Senza nulla togliere agli altri, sono tre artisti che in modi diversi hanno rappresentato per la musica italiana degli spartiacque. De André è stato il nostro Charles Dickens, il primo a parlare degli ultimi e dei dimenticati. Dalla è stato un cantautore che ha sempre ignorato gli schemi: lo testimoniano le sue incursioni in ambiti diversi, come l’opera. E così anche Battisti, che ha stravolto le regole della canzone».
Ha avuto modo di conoscerli personalmente?
«Io e Dalla per un periodo frequentammo lo stesso studio di registrazione, nel castello di Carimate: lui lì incise Lucio Dalla e Dalla, i due dischi successivi a Come è profondo il mare. Ogni tanto mi intrufolavo in sala, mi piaceva guardarlo lavorare: era un personaggio spiazzante. Con De André ci incontrammo più volte: ricordo la sua ironia, la grande intelligenza. Era un uomo di cultura».
E Battisti?
«Lo incontrai una sola volta. Nell’ascensore delle Messaggerie Musicali, a Milano. Ero un ragazzino: avevo i capelli biondi e gli occhiali bianchi e all’epoca non ero neppure famoso. Si voltò dall’altra parte: forse lo guardai troppo insistentemente e lui, noto per essere un personaggio schivo, si infastidì».
Lei è sempre stato un cantautore atipico: ha faticato per riuscire a ritagliarsi uno spazio tutto suo?
«Direi di sì. Sono sempre stato fuori dai salotti che contano. Nell’età d’oro del cantautorato italiano io ascoltavo altro: Bowie, i Roxy Music, il rock decadente...».
Poi al mondo dei cantautori nel 1989 dedicò l’album di cover “Contatti”.
«Reinterpretai canzoni come Alice di De Gregori e Panama di Fossati. Anche in quel caso, però, mi ispirai a Bowie, al suo disco di cover Pin Ups».
In quell’album c’era anche una rilettura di “Incontro” di Guccini: non è stato coinvolto nel progetto del disco tributo? «Non mi hanno cercato. Probabilmente perché non faccio parte di questa cricca indie...».
Dei cantautori di oggi c’è qualcuno che le piace?
«Ermal Meta e Cesare Cremonini sono due fuoriclasse».
E dei giovanissimi, invece?
«Questi ragazzi sono obbligati dal mercato a fare cose che abbiano successo immediato. Non credo che quando De André faceva ascoltare Bocca di rosa ai suoi discografici quelli gli rispondevano: “Però mettici questo, altrimenti le radio non la passano”. La storia insegna che le cose che hanno successo subito, difficilmente riescono a resistere oltre le mode».
Tornando al programma: la collocazione in palinsesto al sabato sera la spaventa? Dall’altra parte c’è “Tu sì que vales”, con Maria De Filippi.
«Io farò servizio pubblico. Il nostro spettacolo sarà una cosa diversa rispetto alle proposte degli altri canali».
È una sfida?
«Se tanta gente vedrà questo show, sarà un bel segnale». 

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Ultimo aggiornamento: 1 Marzo, 08:53 © RIPRODUZIONE RISERVATA