Dante e il mistero delle ossa.
Dante, oro, marmi e misteri: così risplende il cenotafio del Poeta a Santa Croce
LA STORIA
Dante Alighieri fu sepolto a Ravenna nel 1321 in un sarcofago posto all’esterno della Basilica di San Francesco. Nei secoli successivi, di fronte alle pretese di Firenze che rivendicava le spoglie del suo poeta, i francescani trafugarono le ossa dello scrittore per nasconderle in una cassetta murata all’interno di un oratorio attiguo. Le ossa di Dante furono ritrovate per caso solamente il 27 maggio 1865, durante alcuni lavori fatti per le celebrazioni del poeta. La piccola cassa sembrò di scarso valore, ma fu uno studente, Anastasio Matteucci, a leggere l’iscrizione incisa che rivelò il suo contenuto prezioso. I resti furono poi sistemati nel tempietto eretto nel 1780 che oggi conosciamo come Tomba di Dante. I due documenti dell’Archivio di Stato di Roma ci raccontano la vicenda della scoperta descrivendoci la cerimonia e i testimoni presenti e restituendoci lo stupore e la solenne meraviglia dei contemporanei di fronte al ritrovamento delle “ossa Dantis”.
IL 6 GIUGNO 1865
Il primo atto, rogato dai notai Vincenzo Rambelli e Saturnino Malagola di Ravenna, descrive la «reposizione delle casse di legno contenente le ossa di Dante dentro una cassa di ferro». La mattina del 6 giugno del 1865, alla presenza di una schiera di assessori comunali, ingegneri del Genio Civile e altri testimoni, il sindaco di Ravenna verifica l’integrità dei sigilli della cassa di legno contenente le ossa dell’“immortale” poeta e la colloca dentro un’altra cassa di ferro chiusa con quattro serrature. La cassa viene deposta dentro il Tempietto.
IL 7 GIUGNO 1865
Il secondo atto, redatto dai medesimi notai, tratta della «apertura dell’urna marmorea nel sepolcro di Dante con la descrizione degli oggetti che conteneva». Il 7 giugno 1865 nel cortile adiacente al Sepolcro di Dante si riuniscono la commissione ministeriale incaricata di studiare la «prodigiosa scoperta delle ossa del Divino Poeta», la giunta e il consiglio comunali, il prefetto e il rappresentante del comune di Firenze e parte della popolazione per procedere alla apertura dell’urna marmorea “nel modo più legale, splendido e ineccezionale”. Distaccata dal muro in cui è incastonata, l’urna viene aperta. Al suo interno vengono trovate foglie secche di alloro, mucchi di polvere e frammenti di calcinacci, schegge di greco, tre ossa corrispondenti alle “due falangi di una mano, di color rosso scuro” e alla terza falange del piede. Le ossa vengono avvolte con cura in un foglio di carta segnato come “Ossa Dantis” per essere poste a confronto con quelle custodite nel Tempietto.