Il presidente Cicutto: «Danza e cinema la mia Biennale, collettivo d’idee»

Giovedì 16 Luglio 2020 di Simona Antonucci
Il presidente della Biennale Roberto Cicutto

Cecilia Alemanni, Alberto Barbera, Ivan Fedele, Marie Chouinard, Antonio Latella, Hashim Sarkis, curatori delle mostre di Biennale Arti visive, Cinema, Musica, Danza, Teatro e Architettura, per la prima volta diventano una squadra e un’unica firma.
 

 


«Per raccontare, in un periodo di instabilità, 125 anni di storia dell’istituzione veneziana, ma anche del mondo, interpretata dai quadri, dagli spartiti, dai murales, ma anche dai film e dagli spettacoli teatrali che hanno animato i Giardini, l’Arsenale e il Lido di Venezia».

Roberto Cicutto si presenta. Neo presidente della Biennale, dopo mesi di cancellazioni, avvia il suo primo progetto originale, “Le muse inquiete - La Biennale di fronte alla storia”: conflitti sociali, scontri generazionali, movimenti artistici e profonde trasformazioni culturali che hanno premuto contro i confini della Laguna in un’esposizione, per la prima volta, curata da tutti i Direttori dei sei Settori Artistici e realizzata dall’Archivio storico della Biennale.

I direttori hanno selezionato per questa mostra testimonianze, filmati rari e opere e costruito percorsi di ricerca che si soffermano su quei momenti in cui il passato dell’Istituzione veneziana si è intersecato agli eventi della storia globale, manifestando e generando fratture istituzionali, crisi politiche ed etiche, ma anche nuovi idiomi creativi.

La mostra si articola nelle sale del Padiglione Centrale in un itinerario che attraversa le sei discipline: dagli Anni del Fascismo (1928-1945) alla guerra fredda e ai nuovi ordini mondiali (1948-1964), dal ’68 alle biennali di Carlo Ripa di Meana (1974-78), dal Postmoderno alla prima Biennale di Architettura fino agli anni ’90 e l’inizio della globalizzazione.

«La Biennale non sarà un susseguirsi di inaugurazioni
», aggiunge il Presidente, «ma l’insieme delle sue Mostre». L’evento verrà inaugurato nel Padiglione Centrale il 29 agosto (fino all’8 dicembre), per poi passare il testimone al Cinema, che parte il 2 settembre, e a seguire Teatro, Musica e Danza. E nella primavera 2021 all’Architettura, facendo slittare, le Arti visive al 2022.

«Se non ci fosse stato il Coronavirus
», continua Cicutto, «la Mostra del Cinema l’avrei inaugurata con una coreografia curata dai giovani talenti del College, il nostro centro di perfezionamento per nuove promesse. E nei Giardini, durante il periodo di presentazione dei film al Lido, verrà installato uno schermo, per assistere alle proiezioni del Concorso, e, dal 24 luglio, a retrospettive e classici. Un segnale di unità tra tutte le discipline».

La Mostra dei Direttori della Biennale, che coinvolge gli archivi nazionali e internazionali, oltre a quelli di Biennale, RaiTeche e Istituto Luce, è dedicata ai momenti che hanno cambiato la storia del mondo, visti con gli occhi dell’arte. Quali i punti salienti?
«Dall’industria alle rivolte giovanili, le Guerre e la censura, intesa come impedimento. Il Covid sarà invece al centro di incontri e masterclass. Ai curatori la libertà di selezionare le loro pagine di storia, ma per la prima volta, e non sarà l’ultima, dovranno procedere come in un collettivo».

Lei è stato per molti anni l’ad dell’Istituto Luce. Con questa mostra vuole mantenere un ponte?
«Lavorare con gli archivi mi ha reso consapevole di quanto ricco sia il patrimonio italiano. Conserviamo documenti preziosi e unici. Sicuramente saranno la base di molte manifestazioni. Coinvolgendo anche le scuole. Se a un ragazzo si chiede di imparare a memoria quante tonnellate di grano vengono prodotte in Ucraina, si annoia. Ma se vede un filmato sull’Ucraina, qualcosa gli rimane impresso e per sempre».

Una Biennale con una grande attenzione al passato?
«Anche. Ma non solo. Ai curatori chiederò di individuare temi attuali che si proiettino nel futuro. Come del resto è stato in tutti questi 125 anni. Antonio Latella, per il Teatro, sta lavorando proprio sulla censura, come obbligo a non esserci. Direi, lo specchio di questi giorni. Mentre Hashim Sarkis, per l’Architettura, ha posto il quesito: How will we live together? Come potremo vivere insieme? Premonitore assoluto».

I curatori di Cinema, Teatro, Danza e Musica sono tutti in scadenza. Che tempi si è dato per rieleggere la nuova squadra?
«I tempi necessari per ripartire subito. L’importante era individuare il progetto d’insieme. I nomi, entro ottobre».

Si farà riferimento anche a materiale online, videoconferenze?
«Il minimo. Le Mostre vanno vissute dal vivo. Per il cinema ci sarà meno glamour, meno arrivi dagli Stati Uniti, ma è stato fatto un ottimo lavoro e vedremo magnifici film, in sale organizzate per ospitare il pubblico in sicurezza. Quest’anno, torniamo a essere una Mostra. Il resto, si farà, quando si potrà».

Lei viene dal mondo del cinema, uno dei grandi produttori italiani. Ora “produrrà” a 360 gradi. C’è un settore che la emoziona personalmente?
«Dal mondo del cinema eredito l’abitudine a lavorare in squadra, perseguendo l’armonia che deve essere alla base di ogni processo creativo.
Sono interessato a tutte le discipline, ma se devo pensare a qualcosa che mi commuove, beh!, è la lirica. Sono un veneziano cresciuto al teatro La Fenice. Tornando a Venezia, dopo tanti anni, ho riscoperto l’eccezionalità di questa città. E tutte le sue eccellenze. Sono convinto che c’è un modo per lavorare e inventare qualcosa di nuovo, tutti insieme». 

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