Vittorio Cecchi Gori, ritratto di un produttore nel docufilm di Simone Isola e Marco Spagnoli

Sabato 26 Ottobre 2019
Il produttore Vittorio Cecchi Gori
È un Vittorio Cecchi Gori molto vitale e diretto, quello che si racconta in Cecchi Gori - Una famiglia italiana il documentario di Simone Isola e Marco Spagnoli, sull’ascesa e crollo dell’impero a cui ha dato il via il padre Mario, che ha segnato la storia di 50 anni di cinema italiano e internazionale. «perché avrei dovuto ridire di no al film? Quella della mia famiglia è una storia incredibile - dice Vittorio Cecchi Gori -. Sono contento che con questo documentario possa arrivare al pubblico».

Il produttore, per quanto abbia ancora una serie di nodi giudiziari e economici da risolvere, non si ferma e pensa a nuovi progetti, come il remake de Il Sorpasso: «Agli attori penserò quando Marco Risi e Andrea Purgatori avranno finito la sceneggiatura, che è la parte più importante». Cecchi Gori è coinvolto inoltre come partner produttivo nel progetto (che nasce anche da una sceneggiatura di cui aveva i diritti), da lungo tempo in sviluppo di Michael Mann su Enzo Ferrari, con protagonista Hugh Jackman (dopo la rinuncia di Christian Bale). Il documentario oltre al percorso di racconto attraverso Cecchi Gori e un ampissimo materiale d’archivio, regala le testimonianze o i dialoghi con il produttore (che in molti casi non li rincontrava da anni) di alcune ex compagne, molti dei grandi autori e attori che hanno lavorato con lui o degli allenatori che ha avuto alla Fiorentina. Fra gli altri, Roberto Benigni, Roberto Mancini, Valeria Marini, Rocco Papaleo, Leonardo Pieraccioni, Claudio Ranieri, Marco Risi, Carlo Verdone, Giuseppe Tornatore che rivela anche come Mario e Vittorio Cecchi Gori gli abbiano concesso di fare un film, accordandogli un budget a scatola chiusa, senza conoscere il tema del film (almeno inizialmente), per Una pura fomalità . Non mancano anche pagine sorprendenti e intime come la conversazione di Cecchi Gori con Mariagrazia Buccella: la loro relazione amorosa negli anni ‘60, è stata solo il via a un rapporto di amicizia e condivisione («ci siamo fatti da angeli custodi a vicenda») durato fino ad oggi. Poi c’è la fascinazione per il grande cinema italiano che ha prodotto. Il tutto senza nascondere il dramma del crollo del gruppo che ha segnato una pagina cruciale nel panorama culturale italiano. Il documentario, comunque «non è il racconto di una fine - sottolinea Spagnoli - ma una comeback story, la storia di un ritorno». 
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