"Psycho", compie sessant'anni il capolavoro di Hitchcock: così ha cambiato il cinema

Martedì 16 Giugno 2020 di Riccardo De Palo
"Psycho", compie sessant'anni il capolavoro di Hitchcock: così ha cambiato il cinema

Esattamente sessant’anni fa, il film “Psycho” - preceduto da un insolito trailer per l’epoca, con Alfred Hitchcock nella location del Bates Motel - arrivava nelle sale americane; e da quel momento il cinema non è più stato lo stesso. «Un capolavoro - dice Guido Vitiello, che a quest’opera ha dedicato un illuminante saggio pubblicato per Adelphi, “Una visita al bates Motel” - che non regge il confronto con la serie tv (intitolata proprio all’albergo dove si svolge il cuore della vicenda, ndr): nel film è una sorta di recluso, mentre sul piccolo schermo vedi il protagonista, Norman Bates (Anthony Perkins), che chatta con lo smartphone. Non si tratta di una resistenza alla modernità, ma di un'idea profondamente diversa dello spazio e dell’isolamento, così divergenti dall’ossessione del protagonista, che non può certo essere un eremita con il cellulare».
 



Una delle scene più famose di "Psycho" - o almeno, quella che tutti ricordano - è l’uccisione sotto alla doccia, con il coltello che infierisce sul corpo nudo di Janet Leigh: una delle sequenze più copiate e riviste di tutti i tempi. Ma il critico cinematografico del Guardian, Scott Tobias, non è d’accordo. Il momento di vero stacco con tutto il cinema precendente «avviene proprio all’inizio, quando Hitchcock mostra e poi dissolve l’immagine nel centro di Phoenix, Arizona, prima di di dirigere la sua attenzione nei confronti della stanza in cui Marion Crane (Janet Leigh), un’annoiata segretaria di un’agenzia immobiliare, ha dato appuntamento al suo fidanzato, Sam. La telecamera entra nella scena attraverso una crepa nella finestra, furtivamente, nell’ombra. Hitchcock è il voyeur, e assieme a lui, i guardoni siamo tutti noi».

La violenza delle scene, come quella della doccia, era sicuramente inedita per l’epoca, e fece molto scalpore. Ma la complessità della sceneggiatura, e delle scene, è di livello molto più elevato di quanto si creda. Vitiello, che insegna alla Sapienza di Roma, ha scovato molteplici elementi “perturbanti”, rivedendo con attenzione ogni sequenza. A cominciare dal titolo, che avrebbe dovuto essere “Psyche”, stando a “The Hollywood Reporter”, si rivelò in realtà leggermente diverso. Nel 1959 si sapeva che Hitchcock aveva acquistato i diritti di un romanzo di Robert Bloch, e che James P. Cavanagh stava lavorando alla sceneggiatura; ma il mistero che avvolgeva il film era impenetrabile e si mormorava che il regista avesse fatto comprare tutte le copie in circolazione del romanzo. Soltanto mesi più tardi la lettera tornò al suo posto, e il titolo fu annunciato: “Psycho”. Ma il gioco del disvelamento progressivo non fece altro che alimentare l’attesa del pubblico; e Hitchcock, ironicamente, mise una statuetta di Amore e Psiche (stile Canova) proprio in una scena del film, vicino a un caminetto, forse per burlarsi dei giornali.

Un altro elemento perturbante è il quadro del pittore fiammingo Wilelm Van Mieris “Susanna e i vecchioni”, che compare in un’altra scena. «Tutto sembra prestarsi - scrive Vitiello - alla ricerca puntigliosa delle corrispondenze. Il quadro è figura delle cose che verranno: Norman è il vecchione, Marion una Susanna la bagno; l’agguato dietro le tende duplica l’irruzione nel giardino («un omicidio è come uno stupro», notera Truffaut)». Il dotto libro di Vitiello esalta l’attenzione maniacale di Hitchcock per i dettagli, i riferimenti artistici a beneficio dei cinefili e degli spettatori più attenti; e non si può che consigliare di leggerlo, per gustare ancora più pienamente uno dei film più celebrati di tutti i tempi. “Psycho” fu uno dei maggiori successi commerciali del regista londinese, che incassò 32 milioni di dollari a fronte di un budget di appena 806mila.

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Eppure, pare impossibile che il film, ai suoi esordi, non abbia ricevuto il favore unanime della critica.
Troppa violenza, troppe innovazioni. Un critico del New York Times si spinse a scrivere che il film costituiva «una macchia in una carriera onorevole». Soltanto con il tempo, si è capito la grandezza di un film, per molti versi, irripetibile. Secondo François Truffaut, in “Psyco” del soggetto «importa poco, dei personaggi anche»: quello che importa «è che il montaggio dei pezzi del film, la fotografia, la colonna sonora e tutto ciò che è puramente tecnico possano far urlare il pubblico». Vi ricorda qualcosa del cinema di oggi?

Ultimo aggiornamento: 14:49 © RIPRODUZIONE RISERVATA