Jasmine Trinca prigioniera dell'Isis
"Un film sulla guerra e sui pregiudizi"

Venerdì 3 Febbraio 2023 di Gloria Satta
Jasmine Trinca nel film "Profeti"
Jasmine Trinca giornalista di guerra fatta prigioniera dall’Isis nel Califfato: è la nuova, sconvolgente interpretazione dell’attrice romana nel film ”Profeti”, appena uscito nelle sale con Lucky Red e diretto da Alessio Cremonini, David di Donatello per ”Sulla mia pelle” sul caso Cucchi. Coinvolgente e serrato, il film si basa sul confronto della reporter e della donna incaricata di tenerla prigioniera (l’attrice di origine irtaniana Isabella Nefar), foreign fighter radicalizzata a Londra e moglie di un miliziano. Con una missione precisa: convertirla all’Islam.
SOTTOMISSIONE. Mentre la battaglia infuria, scoppiano le bombe e molti muiono, tra le due donne si accende una dialettica incalzante: da una parte c’è la foreign fighter espressione di una condizione femminile sottomessa, dall’altra la giornalista occidentale emblema della modernità ma non più sicura delle proprie certezze. Non a caso il film inizia con le parole di una combattente curda intervistata da quest’ultima: ”Combatto per i curdi, per la libertà e per le donne. In Medio Oriente, se sei una donna, devi imparare a difenderti il prima possibile. Qui la maggior parte dei regimi è basata sulla sottomissione, sull'oppressione delle donne. Per questo le uniche persone che possono cambiare questa mentalità sono le donne".
PRIGIONIA. ”Per prepararmi al film ho parlato a lungo con Domenico Quirico, il giornalista della Stampa rapito in Siria”, spiega Trinca, ”mi ha raccontato il senso di stordimento che prende chi viene fatto prigioniero. Il mio personaggio nutre  un grande pregidizio verso la sua carceriera: pensa di sapere come le donne debbano comportarsi ma poi, piano piano, si apre all’ascolto”. Per l’attrice, questo film ha comportato delle grandi emozioni: ”La prima scena mi mostra prigioniera sotto una coperta. Per entrare nel personaggio ho passato molte ore sotto quella coperta”.
IL REGISTA. I diritti delle donne sono da sempre al centro del cinema di Cremonini che nell’ottimo ”Border” aveva puntato su due donne siriane che fuggono clandestinamente in Turchia. E questa volta ha scelto di parlare di due donne occidentali che hanno fatto scelte radicalmente diverse. ”La prigionia è il filo rosso della mia ispirazione”, spiega il regista, ”intendo il mio lavoro come un viaggio capace di rivelare storie e percorrere strade poco battute”. Un cinema politico, il suo, ”un cinema radicale che vuole essere essenziale”.
© RIPRODUZIONE RISERVATA