Francesco Rutelli: «Alberto Sordi, un cittadino eletto primo dalla gente»

Sabato 13 Giugno 2020 di Francesco Rutelli
Francesco Rutelli: «Alberto Sordi, un cittadino eletto primo dalla gente»
Alcuni racconti su Alberto Sordi - racconta Francesco Rutelli - non dicono tutta la verità. Queste pagine del Messaggero possono aiutare a fornire la lettura giusta su un personaggio eccezionale del panorama pubblico della nostra Nazione, del Cinema, della città di Roma.

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Nell’ultimo decennio della vita di Alberto ho avuto l’occasione, e la gioia, di incontrarlo molte volte, ascoltando dalla sua voce giudizi (e confidenze) disinteressati e profondi. Sordi era persona di grande intelligenza. Nella parabola finale della sua vita, era immerso nelle cose importanti, e aveva maturato giudizi tranchant verso il mondo attorno a lui. Parlare col “giovane Sindaco” - avevo 34 anni meno di lui, e non lo avevo frequentato nella fase-boom della sua carriera - gli faceva aprire i ricordi e i sentimenti con gratuità e lucidità.

Perciò voglio rivisitare alcuni argomenti a proposito di Alberto, iniziando dalla sua fisionomia civile, su cui abbiamo letto condanne sommarie, quasi che Sordi fosse una sintesi dei suoi personaggi più sgradevoli, petulanti, egotici, opportunisti. Manco per niente. Sordi aveva uno sguardo formidabile sulla natura antropologico-sociale degli italiani, ben descritta nella serie tv “Storia di un italiano” (il cui mancato completamento per questioni di diritti cinematografici rappresentò il maggiore dispiacere degli ultimi anni della sua vita).

Estraneo - in netta minoranza, tra i nostri maggiori ‘talenti’ - all’alfabeto e al lessico “di sinistra”, grazie al sodalizio con grandi sceneggiatori (soprattutto con Rodolfo Sonego) e registi del dopoguerra creò una miscela espressiva su 50 anni di costume italiano che è tra le migliori biografie popolari della nostra Nazione. Le fortune economiche derivanti dal suo successo non erano affatto l’altare di una presunta taccagneria. Ci sono molte prove, tra cui il disinteresse con cui ha seguito il destino del proprio patrimonio e della sua casa (sino all’affidamento alla sorella Aurelia, e al caos che ne è derivato per alcuni anni).

Anch’io custodisco alcune prove, visto che mi chiese aiuto - come capo dell’Amministrazione capitolina - per finalizzare il destino di alcuni suoi terreni ad attività benefiche. Per il Campus Biomedico di Trigoria, curammo l’utilizzo di un terreno edificabile che Alberto aveva acquistato, del valore commerciale di parecchi miliardi di lire, per la sua nuova destinazione sanitaria e universitaria, con speciale attenzione al sostegno agli anziani fragili.

Non a caso il Messaggero, giornale prediletto da Sordi, fu destinatario di sue generose ed anonime donazioni per importanti campagne di solidarietà. Infine, il suo rapporto con Roma. L’amore era al centro, ma non ci dice tutto (a proposito di centro: ogni volta che lo invitavo a cena a casa mia, all’EUR, mi inceneriva con un «ma che, me fai venì al paesello?»; intendendo che solo Trastevere, dove era nato, e il Centro storico portavano il testimone millenario della Città Eterna).

Sordi mi trapanava, dalle finestre di casa: «Devi eliminare le automobili dal centro». Avevo voglia a spiegare che avevamo pedonalizzato decine di piazze, dal Pantheon a Piazza del Popolo, riportato il tram a Largo Argentina, controllato i torpedoni, messo in esercizio centoventi bus elettrici, e così via: sorrideva, mi diceva «non basta», e mi dava il tradizionale buffetto.

L’unica volta in cui mi ha veramente ‘cazziato’: quando ha inaugurato nel giorno dell’80° compleanno - da ‘Sindaco per un giorno’ - il restauro della Torre delle Milizie. Gli ho detto «oggi dai una bella umiliazione al Marchese del Grillo”» (la cui torre è lì sotto), «ma guarda che sei sempre sotto il Collis Latiaris, il colle del laziali co-fondatori di Roma» (sul cocuzzolo dov’è l’Angelicum). Occhio di traverso e: «Questa non me la dovevi di’!». Dopo poche ore si sbarazza, stremato, della fascia tricolore - all’ora della pennichella - e mi dice: «oggi mi avete fatto un gran regalo, la città mi ha fatto sentire che mi ha capito e mi vuole bene. E torno a casa con una conferma: questo lavoro va affidato a chi è preparato per farlo».
Ultimo aggiornamento: 09:18 © RIPRODUZIONE RISERVATA