Udine, 11 mag - "La mostra su padre Brollo da Gemona apre
nuova luce sull'archivio storico gemonese, uno dei più importanti
della regione, possibile meta di studiosi da tutta la
Mitteleuropa e meritevole in un prossimo futuro di essere oggetto
di un intervento di sistematizzazione e digitalizzazione".
È questo uno dei risvolti che secondo l'assessore regionale alla
Cultura, Tiziana Gibelli, elevano il pregio della mostra
"Serenissima porta d'Oriente. Dal Friuli alla Cina sulle orme di
Basilio Brollo da Gemona", esposizione illustrata oggi nella sede
della Regione a Udine, alla presenza anche dell'assessore
regionale alle Finanze, la gemonese Barbara Zilli, del sindaco
della Città Roberto Revelant e dell'assessore comunale alla
Cultura Flavia Virilli.
"Fra Brollo fece qualcosa di assolutamente eccezionale di cui
prendiamo consapevolezza soltanto ora grazie a questo progetto
che ci consente di compiere una doverosa, seppur tardiva, opera
di narrazione della sua importante figura anche fuori dai nostri
confini regionali" ha evidenziato Gibelli. Lo snodo della mostra si colloca nel 1420, anno del passaggio del
territorio friulano dal Patriarcato di Aquileia alla dominazione
della Serenissima. La Repubblica veneta aprì un ponte commerciale
verso la Cina ed è in questo contesto che, 260 anni dopo, nel
1680, fra Basilio Brollo, sinologo e missionario francescano,
colse l'occasione per compiere un viaggio a Canton al seguito
della Sacra Congregatio de Propaganda Fide. L'esperienza instillò
nel dotto gemonese e nella sua sensibilità di missionario, la
necessità di redigere un dizionario sinico-latino. Fu la prima
opera di questo genere nella storia moderna ed è attorno ad essa
che la mostra ripercorre un tragitto spazio-temporale che
attraversa quasi tre secoli e due continenti, dall'Europa alla
Cina. Come ha sottolineato Virilli, la volontà che "l'altro" ci
comprenda è la chiave di lettura della mostra; concetto che mosse
Brollo ad intraprendere un'impresa linguistica difficile, la cui
complessità continua ad alimentare le ricerche e gli studi sulla
sua figura e sul ruolo del linguaggio nella predicazione. La
preoccupazione religiosa di trasmettere la parola di Cristo
diventa il fine per cui prendere coscienza del plurilinguismo che
caratterizza l'epoca in questo territorio, dove si mescolano
italiano, friulano, tedesco e slavo. Da qui nasce l'interesse attuale nelle ricerche svolte dai
professori Giuseppe Trebbi e Miriam Davide dell'Università di
Trieste e dal professor Giuseppe Marini, riguardo le radici della
società gemonese e friulana nella prima età moderna. A Miriam
Davide, in particolare, si deve la riscoperta dell'atto comunale
con cui nel 1620 il Consiglio maggiore e minore della città
attribuì all'unanimità il titolo di patrono di Gemona a
Sant'Antonio. Proprio dal santuario gemonese di Sant'Antonio
arriva una delle opere in mostra, una pala di Palma il Giovane,
in aggiunta a numerosi esempi di abbigliamento, arte ceramica,
pittura e scultura che contribuiscono a restituire il legame tra
Friuli e Cina, la vocazione commerciale della cittadina friulana,
la sua capacità di ricostruzione dopo le avversità. Per il sindaco Roberto Revelant si tratta di un'opportunità per
promuovere Gemona all'estero e farne conoscere le ulteriori
attrazioni culturali, grazie ad un calendario di eventi
collaterali che sono stati realizzati con la collaborazione, tra
gli altri, dell'Ente Friuli nel Mondo con il Fogolâr di Shanghai
e dell'Istituto di studi ecumenici San Bernardino di Venezia,
partner progettuali. La mostra sarà inaugurata il 29 maggio con un concerto dei
solisti della Fvg Orchestra e proseguirà al castello,
nell'edificio ex carceri, fino al 24 ottobre con aperture nel
rispetto delle normative anticovid. ARC/SSA/al
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