BRUXELLES - Nella mancata stabilizzazione degli insegnanti di religione cattolica in Italia non c'è discriminazione, ma spetta al giudice del rinvio valutare se la successione di contratti a tempo determinato rappresenti un abuso. È questo in sintesi il giudizio della Corte Ue chiamata a pronunciarsi sulla controversia tra insegnanti di religione cattolica di scuole pubbliche italiana, il Miur e l'Ufficio Scolastico Regionale per la Campania, in merito alla domanda di conversione dei loro contratti di lavoro a tempo determinato in contratti a tempo indeterminato.
Ritenendo illegittima la successione di contratti a tempo e constatando di non aver potuto beneficiare del meccanismo di immissione in ruolo, gli insegnanti sostengono di essere vittime di una discriminazione rispetto ai docenti di altre materie.
Tuttavia, i giudici di Lussemburgo esprimono dubbi sull'esistenza di una "ragione obiettiva" per reiterare la successione di contratti a tempo determinati per gli insegnanti di religione. La durata annuale dei loro contratti, spiega la Corte, "non ha alcun nesso con il rilascio dell'idoneità e la professione di fede necessari per l'insegnamento della religione cattolica, né con la possibilità di revoca di tale idoneità, giacché tali elementi riguardano anche gli insegnanti di religione cattolica assunti a tempo indeterminato". In sintesi, se da un lato è possibile che vi sia, in modo non discriminatorio, la successione di contratti a tempo determinato, la necessità di un titolo di idoneità rilasciato da un'autorità ecclesiastica per esercitare la professione non rappresenta una "ragione obiettiva" che giustifica la reiterazione di contratti a tempo determinato. Spetta quindi al giudice del rinvio interpretare se vi sia un abuso nella normativa italiana.