Covid, tra salute e digitale rapporto sempre più stretto (ma luci e ombre restano)

Giovedì 12 Novembre 2020
Covid, tra salute e digitale rapporto sempre più stretto (ma luci e ombre restano)

Di questa seconda ondata pandemica esiste un risvolto ancora poco conosciuto, ma i cui effetti saranno nel prossimo futuro sempre più evidenti.

Stiamo parlando del legame crescente che esiste tra digitale e salute, in uno dei momenti più delicati della nostra storia recente. Lo abbiamo visto, nelle scorse settimane, con la crescita dei download della app Immuni e le difficoltà emerse nel tenere traccia dei contatti con persone infettate dal Covid, ma anche con l’introduzione della prescrizione elettronica dei farmaci e la disponibilità del fascicolo sanitario online.

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Un rapporto che mostra però luci e ombre: se da un lato infatti la tecnologia sta fornendo nuovi strumenti per favorire, nel rapporto fra medico e paziente, il controllo da remoto - la cosiddetta “telemedecina” - o l'adozione di “terapie digitali” (DTx) che si servono di sensori biometrici, dall'altro è sempre più elevata la propensione a servirsi di "Dottor Google", in un momento in cui gli studi medici e gli ospedali sono meno accessibili, se non addirittura luoghi da evitare. Alla tendenza ormai nota di interrogare il web per cercare risposte sulla salute se ne aggiunge poi un’altra, ancora poco esplorata, sul ruolo delicato che stanno assumendo in questa fase le grandi aziende digitali, proprio in virtù della sempre più grande quantità di dati personali che esse arrivano a possedere, proprio in correlazione alla pandemia. Per Andrea Boscaro, partner di The Vortex e formatore legato ai temi della salute digitale, “la collaborazione fra istituzioni sanitarie e piattaforme digitali di fronte alla pandemia è stata proficua” perché, sostiene: "da Google a Facebook, da Youtube a Twitter, ogni ricerca legata alla salute oggi mette in evidenza le informazioni ufficiali messe a disposizione dai Ministeri della Salute, e dunque favorisce una maggiore consapevolezza da parte delle persone nel momento in cui i comportamenti individuali sono il più importante argine al diffondersi del contagio".

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Del resto la salute, anche prima della crisi legata al Coronavirus, è sempre stata un orizzonte di grande interesse per le aziende digital, non solo in relazione al crescente ruolo che possono giocare dal punto di vista dell’informazione, ma anche sul piano della produzione di dati utili alle aziende del settore: il caso più noto di portale che esplicitamente permette il confronto e il mentoring su malattie e farmaci è, negli USA, “Patients like me”, esplicitamente pensato per fornire informazioni ed evidenze per le case farmaceutiche. Attenzione però, avverte Boscaro, perché "questo cambiamento, favorito dalla familiarità con cui le persone si affidano alle tecnologie digitali grazie a smartphone, contapassi e smart-watch, non può essere introdotto senza essere consapevoli delle cautele che occorre adottare, tanto dal punto di vista individuale che legislativo: la funzione di saturimetro che il nuovo Apple Watch offre è solo un esempio dell’interesse che le grandi aziende digitali stanno mostrando al monitoraggio corporeo dell'individuo. Basti pensare che Microsoft, per ragioni legate alla privacy, è stata invitata a ritirarsi da una gara pubblica per fornire servizi di cloud computing alle strutture sanitarie e, negli Stati Uniti, a Google è stato impedito di accedere ai dati dei pazienti in virtù del ruolo che essa svolge in settori quali le assicurazioni e la pubblicità".

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La storia di queste settimane mostra in ogni caso quanto una raccolta capillare dei dati permetta alla scienza di supportare decisioni cliniche più efficienti ed efficaci da parte dei medici. È in questa prospettiva che l’intelligenza artificiale, introdotta in ambiti quali la dermatologia, la radiologia, l’oftalmologia e la pneumologia, ha applicato sistemi di deep learning alla scansione di milioni di immagini cliniche per favorirne una più estesa ed accurata lettura. Un sistema che ha consentito diagnosi più tempestiva in caso di anomalie perché, è bene sottolineare, la tecnologia è stata utilizzata per supportare, non sostituire, le decisione dei medici. Insomma “in questo settore non si deve gettare il bambino con l’acqua sporca", è l’opinione di Boscaro, perché "il connubio fra medicina e tecnologia è un rapporto che si è stretto fin dagli studi anatomici del Rinascimento, e non può non procedere in parallelo con lo sviluppo delle tecnologie digitali. A noi sta supportarlo, sul piano normativo e individuale, con una regolamentazione più consapevole dei rischi e con comportamenti individuali più informati".

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