Scuola, sciopero il 24 e 25. Giannelli, presidente dell'Associazione presidi: «Ad andarci di mezzo saranno le fasce deboli»

Mercoledì 16 Settembre 2020 di Lorena Loiacono
Scuola, sciopero il 24 e 25. Giannelli, presidente dell'Associazione presidi: «Ad andarci di mezzo saranno le fasce deboli»

La scuola si prepara al primo sciopero dell'anno, che arriva subito dopo la pausa elettorale per la quale i dirigenti scolastici avevano chiesto che i seggi potessero essere allestiti fuori dagli istituti. Proprio per evitare uno stop a pochissimi giorni dalla riapertura delle scuole e il rischio di ulteriori contagi. Questo non è accaduto, se non in rarissimi casi, e quindi la pausa elettorale ci sarà e, subito dopo, ci sarà anche la mobilitazione sindacale.
Antonello Giannelli, Presidente dell'Associazione nazionale dei presidi, quando ci sono gli scioperi nella scuola che cosa succede in classe?
«E difficile prevederlo. Non possiamo sapere per tempo la portata dell'adesione allo sciopero, il preside non può infatti sapere prima quali e quanti docenti aderiranno alla protesta».
Ma ci sono rischi di nuove interruzioni?
«Sì, ci sono. Indubbiamente la scuola potrebbe trovarsi nella condizione di non riuscire a garantire il servizio così come organizzato per portare avanti la didattica».
Che significa?
«Semplicemente significa che se non ci sono i docenti a scuola, le lezioni non vengono svolte».
E le famiglie?
«Il dirigente scolastico, ogni qual volta viene proclamato uno sciopero del personale, deve informare le famiglie, con i suoi canali di comunicazione ad esempio tramite il sito della scuola o pubblicazioni nel Registro elettronico. L'avviso è fondamentale proprio per mettere in allerta i genitori, per far sì che tutti siano a conoscenza della possibilità che le lezioni possano non essere regolare».
Le scuole saranno aperte?
«Sì, i ragazzi entrano ma non è possibile sapere poi durante la giornata se le lezioni possono essere garantire. Quindi potrebbe anche accadere che i genitori vengano chiamati per andare a prendere i ragazzi, nel caso degli alunni minorenni. Se i docenti non ci sono, è possibile che questo succeda».
Con le regole anti-Covid accadrà più spesso?
«Probabilmente sì. In questa fase, con le regole del distanziamento e l'impossibilità di accorpare le classi diventa tutto più complicato. Se manca il docente come si fa? I ragazzi dovranno uscire».
Fino allo scorso anno che cosa accadeva?
«Per limitare i disagi alle famiglie, quando possibile le classi venivano accorpate. Gli studenti rimasti senza docente venivano divisi in altre aule, proprio per non mandarli a casa. La didattica ovviamente, in questo modo, non era garantita ma gli studenti potevano restare a scuola fino all'orario di uscita quando arrivavano i genitori a prenderli. Ora però, in questo preciso anno scolastico, parole come accorpamenti e tutti insieme sono impensabili».
Si torna a casa prima?
«Sì, presumo infatti che, lì dove mancherà il docente e non ci sarà nessuno a sostituirlo, i ragazzi dovranno uscire. Non ci sono infatti, in piena fase di avvio dell'anno, docenti in più nelle scuole a disposizione delle sostituzioni lampo».
Potrebbero verificarsi quindi molti disagi?
«Lo sciopero, costituzionalmente garantito, provoca inevitabilmente dei disagi per l'utenza ma in questi casi rischia di danneggiare le frange sociali più deboli. Penso alle tante famiglie in cui i genitori devono recarsi per forza a lavoro. Se non sanno come sistemare i figli, se non hanno chi può badare a loro, non riescono ad organizzarsi. Devono assentarsi dal lavoro e non sempre è possibile».
A rimetterci sono le famiglie?
«Sì, molto più che il datore di lavoro: in questo caso parliamo del ministero dell'istruzione».
Come si risolve?
«Si sente l'esigenza di dover conciliare il diritto allo sciopero dei lavoratori con le necessità delle famiglie meno abbienti. I genitori, per andare a lavoro, devono potersi sentire tranquilli del fatto che i figli sono sotto custodia, in classe».

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