Scuola, Miozzo (Cts): «Attesa per non richiudere. I governatori fanno bene»

Martedì 5 Gennaio 2021 di Francesco Malfetano
Scuola, Miozzo (Cts): «Attesa per non richiudere. I governatori fanno bene»

Dottor Miozzo lei da coordinatore del Comitato tecnico scientifico ribadisce da tempo che le scuole sono ambienti sicuri e che il problema è tutto ciò che gli sta attorno. Dopo aver lavorato per settimane alle riaperture però, ora si frena di nuovo. Le Regioni non sono pronte? Si è sbagliato qualcosa?
«I tavoli dei prefetti - che per me sarebbero dovuti essere fatti prima - hanno lavorato bene e in molte Regioni hanno dato soluzioni a problemi antichi relativi alle scuole.

In altri territori invece le soluzioni ancora non sono state trovate e questo determina le differenti posizioni assunte da diversi presidenti di Regione. Mi lasci dire che però, se c'è un aspetto positivo in tutto questo caos è che finalmente si parla di scuola e della priorità che questa rappresenta nel nostro Paese. Il vero peccato piuttosto è che avremo un'Italia che rientra in classe a macchia di leopardo».

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I governatori che rinviano stanno quindi ammettendo di non aver lavorato bene?
«Non saprei, ma ora la situazione è che alcuni ritengono di posticipare di qualche giorno e altri di settimane. Però vede non è un dramma se le scuole non aprono il 7 e lo fanno l'11 o il 15, o in un altro momento. L'importante è che si trovi una soluzione per tenerle aperte senza bisogno di richiuderle».

Il governo però ribadisce che si riparte da giovedì.
«Siamo in una democrazia che prevede che le Regioni abbiano un ruolo e quindi se il premier non avoca a sé attraverso l'articolo 120 della Costituzione il potere di sostituirsi alle Regioni, starà a loro prendere la decisione. Siccome l'avocazione non c'è stata e verosimilmente non ci sarà (ride ndr), i governatori fanno bene a decidere in base alle informazioni che hanno a disposizione, è loro responsabilità farlo».

I dati degli ultimi giorni parlano di un peggioramento della situazione epidemiologica. Il provvedimento ponte che sarà in vigore tra il 7 e il 15 gennaio è sufficientemente rigido?
«Non sta a noi decidere quali weekend, giorni o ore chiudere. Noi facciamo valutazioni sulle criticità epidemiologiche, mediche e sanitarie. Dopodiché le considerazioni sul lockdown le deve fare il governo».

E qual è la vostra valutazione? Serve una nuova stretta?
«La nostra indicazione è che c'è una criticità. In base ai dati di una settimana fa l'indice Rt puntuale è precario perché tre Regioni sono già sopra l'1 e altre tre ci sono molto vicine. Per questo è probabile che quando domani avremo i dati degli ultimi giorni questi diano un'indicazione che conferma la risalita dei numeri. Se ciò avviene, è evidente che il governo dovrà prendere decisioni in tal senso».

Il ministro Franceschini ha avanzato l'idea di una zona bianca, che è in pratica libera da restrizioni, cosa ne pensa?
«Mi piace perché offre una prospettiva corretta ai cittadini. La gente ha bisogno di vedere una luce in fondo al tunnel. Una voce che gli dica c'è la possibilità di arrivare al bianco se i dati e le condizioni lo consentono».

È in arrivo un nuovo provvedimento e poi ci sarà un altro Dpcm il 16 gennaio. Abbiamo la situazione sotto controllo o rischiamo che ci sfugga di mano?
«La situazione è molto precaria. Viviamo in un contesto europeo che dimostra come il trend non sia affatto in miglioramento. L'Italia si trova in una fase lunga e difficile, la resilienza che avevamo a settembre grazie a due/tre mesi di tranquillità ora non ce l'abbiamo. I nostri sistemi sanitari sono sotto stress, gli indicatori delle terapie intensive e dei ricoveri sono ai margini degli criticità. Non siamo tranquillissimi ma da oggi al 16 gennaio c'è tempo e auspico che i nuovi dati offriranno una prospettiva un po' diversa. Sono quasi 20 giorni che sono stati adottati provvedimenti restrittivi, qualche elemento favorevole dovrebbe emergere».

Lei ha appena fatto il vaccino all'Ospedale Spallanzani di Roma, intanto fa discutere molto la situazione della campagna vaccinale. Alcune Regioni come la Lombardia sembrano già in ritardo con le somministrazioni. È un problema ora?
«Io direi di essere un po' prudenti con le valutazioni, è presto. Si tratta della più importante campagna vaccinale della storia. Il sistema si sta mettendo in moto, ed è inevitabile che alcune Regioni partano meglio. Il Lazio ad esempio, dove noi abbiamo appena fatto il vaccino, ha capacità di organizzazione notevoli. Alcune Regioni sono in ritardo, ma non posso immaginare che la Lombardia non recuperi in fretta. Ci sono delle complicazioni ma non credo che abbiano un impatto sulla campagna. Queste valutazioni negative le potremo fare tra due o tre settimane se dovessimo vedere che le dosi Pfizer non vengono distribuite in tempo reale, a quel punto bisognerà ragionare sul serio e fare in modo che le cose cambino».

 

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Ultimo aggiornamento: 08:52 © RIPRODUZIONE RISERVATA