A scuola i contagi da Covid-19 sono «probabili come fuori».
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I dati - spiegano Bucci, docente in Systemdìs Biology alla Temple University, e Viola, ordinaria di Patologia generale all'Università di Padova - suggeriscono che «al momento non esistano motivi per evocare la chiusura delle scuole più di quanto non ve ne siano per un lockdown dell'intera società, poiché non sembra ascrivibile alla scuola l'aumento dei contagi. Al contrario, la scuola è fondamentale per la formazione, la socialità, lo sviluppo e il benessere dei bambini e dei ragazzi e la sua chiusura causerebbe danni gravissimi alle future generazioni e al Paese».
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Al fine di proteggere la scuola dal diffondersi del contagio, è però «urgente - avvertono - intervenire sulle regole e sulle procedure per la tracciatura ed il contenimento di eventuali focolai scolastici». I ricercatori sottolineano quindi come «al momento in Italia vi è un'inaccettabile disparità di indicazioni da regione a regione; questa deve essere abbandonata, in favore di una procedura unica».
L'analisi rileva inoltre come, in sostanza, «la crescita più o meno veloce della curva epidemica è indipendente dalla data di riapertura delle scuole». Così, la Campania che ha riaperto il 24 settembre, per esempio, cresce altrettanto velocemente delle regioni più veloci tra quelle che hanno riaperto il 14, come la Lombardia; viceversa il Veneto, che ha aperto il 14 settembre, non cresce più velocemente dell'Abruzzo, che ha riaperto il 24 settembre. Tuttavia, «effetti esponenziali - concludono - potrebbero manifestarsi su periodi più lunghi, ed essere invisibili nella finestra di tempo considerata».