Coronavirus: l'epidemia degli alberi di frassino, sconfitta con il distanziamento sociale

Martedì 21 Aprile 2020 di Pietro Piovani
Coronavirus: l'epidemia degli alberi di frassino, sconfitta con il distanziamento sociale

C'è un'altra epidemia partita dall'Asia che flagella tutto il pianeta, ma che per fortuna non colpisce gli umani. È il fungo che da anni sta decimando le piante di frassino, colpendo prima le foreste dell'Est Europa per poi arrivare sulle Alpi, nella Francia settentrionale e in Gran Bretagna. Infetta inizialmente le radici, poi diffonde le sue spore sulle foglie, si propaga nei germogli, provoca la necrosi della corteccia, fa appassire l'intero ramo e infine colpisce il fusto. Le analogie con il coronavirus sono molte. L'epidemia è meno virulenta nelle regioni dal clima più caldo e asciutto, e inizialmente sembrava che uccidesse soprattutto gli alberi anziani. Ma monitorando i frassini, gli scienziati hanno scoperto che la loro vera arma di difesa dal parassita è un'altra: il distanziamento.

Il fungo “Chalara Fraxinea” ha fatto danni enormi in Danimarca, dove il 90% degli alberi sono andati perduti; e in Inghilterra, dove sono morti 100 mila esemplari. Viceversa nel Nord Est della Francia la malattia ha colpito seriamente solo una piccola percentuale delle piante esistenti, il 90% è rimasto in salute. Questo perché - hanno ricostruito gli studiosi - nelle foreste francesi gli alberi sono molto più distanziati, isolati gli uni dagli altri. A fare la differenza pare sia soprattutto la temperatura: quando un albero non ha altri alberi vicini, la singola chioma fa meno ombra, il sole penetra e il caldo indebolisce il fungo.

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In Gran Bretagna l'epidemia dei frassini è stata presa molto sul serio. Per affrontare l'emergenza si è tenuta persino una riunione del Cobra, l'organismo che riunisce le massime cariche dello Stato, governo, servizi segreti, forze armate. Recentemente gli scienziati hanno individuato i geni che garantiscono ad alcuni esemplari di frassino una forma di immunità dall'attacco del fungo. Ora si spera di sviluppare una varietà di pianta capace di sopravvivere all'epidemia. Inoltre si pensa di eliminare preventivamente gli alberi che, da un'analisi genetica, risultano più soggetti alla malattia, favorendo così la crescita degli altri. I botanici britannici stanno cercando di difendere i frassini anche in un altro modo: raccogliendo i semi di quegli esemplari che si sono dimostrati più resistenti, per conservarli nella Banca del seme Millennium di Wakehurst, nel West Sussex. Questi semi saranno conservati a lungo termine, a una temperatura di meno 20 gradi, in contenitori a tenuta stagna, per garantirsi da eventuali estinzioni. Ma verranno anche usati per progetti di rimboschimento sul territorio del Regno Unito, un modo di curare le foreste che potrebbe far pensare, alla lontana, a quelle terapie contro il Covid-19 che riutilizzano il plasma dei pazienti guariti. «L'epidemia dei frassini ci ha mostrato come parassiti e patogeni possono provocare gravi alterazioni ai nostri boschi e al loro ecosistema» ha dichiarato Ian Willey, funzionario dei Royal Botanic Gardens, al quotidiano The Times. «La creazione di un archivio dei semi delle principali specie nazionali è un passaggio fondamentale per difendere i nostri alberi autoctoni».

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Oltre al fungo letale, c'è un altro flagello che colpisce i poveri alberi di frassino: il tarlo smeraldo, un parassita diffuso soprattutto negli Stati Uniti. La malattia colpisce in particolare le piante più vecchie e più deboli. E anche in questo caso, i botanici hanno rilevato che la distanza fisica tra gli alberi è il modo migliore per fermare la diffusione dell'epidemia, se il vegetale cresce in una zona più densamente popolata il rischio è molto più alto. «I frassini che non riescono a mantenere il distanziamento sociale dagli altri sono quelli più vulnerabili al tarlo» dice, scherzando, il biologo Don Cipollini della Wright State University in Ohio.
 

 

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