Omicron «attacca meglio il naso dei bambini»: così la variante aggredisce le cellule giovani, la nuova ricerca

Un altro studio: la perdita dell'olfatto può prevedere problemi di memoria

Mercoledì 3 Agosto 2022 di Mario Landi
Omicron «attacca meglio il naso dei bambini»: così aggredisce le cellule giovani, la nuova ricerca

I nasi dei bambini si difendono meno bene da Omicron: questa variante potrebbe essere più efficiente nell'infettare i bambini attraverso il naso rispetto alle versioni precedenti del Covid. Lo suggerisce un nuovo studio. All'inizio della pandemia, i nasi dei bambini erano stati meno accoglienti nei confronti del virus rispetto ai nasi degli adulti.

Gli studi sull'originale SARS-CoV-2 e su alcune delle sue varianti hanno scoperto che il virus ha incontrato risposte immunitarie più forti nelle cellule che rivestono i nasi giovani rispetto alle cellule del rivestimento nasale degli adulti ed è stato meno efficiente nel fare copie di se stesso nei nasi dei più piccoli. Ma recenti esperimenti in provetta che mescolano il virus con le cellule nasali di 23 bambini sani e 15 adulti sani hanno scoperto che le difese antivirali nel naso dei bambini «erano notevolmente meno pronunciate nel caso di Omicron», hanno riferito i ricercatori Usa su Plos Biology. Il team inoltre sostiene che Omicron si è riprodotto «in modo più efficiente nelle cellule del rivestimento nasale dei bambini rispetto sia a Delta sia al virus originale».

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«Questi dati sono coerenti con l'aumento del numero di infezioni pediatriche osservate durante l'onda Omicron», hanno scritto i ricercatori, chiedendo ulteriori studi.

L'OLFATTO - I problemi di olfatto possono prevedere «problemi di memoria per chi ha avuto il Covid», si legge in uno studio argentino. La gravità della disfunzione dell'olfatto dopo l'infezione con il coronavirus può essere un migliore predittore di deterioramento cognitivo a lungo termine rispetto alla gravità complessiva del Covid stesso. I ricercatori hanno studiato un campione casuale di 766 persone di età superiore ai 60 anni, circa il 90% delle quali era stato infettato dal virus. Test fisici, cognitivi e neuropsichiatrici eseguiti da tre a sei mesi dopo l'infezione hanno mostrato un certo grado di «compromissione della memoria» in due terzi dei partecipanti infetti. Dopo aver preso in considerazione gli altri fattori di rischio degli individui, la gravità della perdita dell'olfatto, «è significativa» hanno riferito i ricercatori alla Conferenza internazionale dell'Alzheimer's Association 2022, tenutasi online e a San Diego.

«Più informazioni abbiamo su ciò che causa o almeno prevede chi sperimenterà il significativo impatto cognitivo a lungo termine dell'infezione da Covid, meglio possiamo tracciarlo e iniziare a sviluppare metodi per prevenirlo», ha spiegato la leader dello studio Gabriela Gonzalez, a Buenos Aires. 

Ultimo aggiornamento: 4 Agosto, 10:12 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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