Covid, così il virus inganna l'organismo che produce autoanticorpi e attacca se stesso

Venerdì 29 Gennaio 2021 di Riccardo De Palo
Covid, così il virus "inganna" l'organismo producendo autoanticorpi e attaccando se stesso

Il Covid-19 sarebbe in grado di scatenare una estesa gamma di patologie autoimmuni, capaci di debilitare in maniera grave e duratura l’organismo. Questo sarebbe alla base del persistente malessere, che si riscontra in alcuni pazienti anche molto dopo la guarigione, racconta il New York Times in un lungo articolo dedicato ai nuovi studi.

Il coronavirus, spiega il giornale americano, porterebbe a sviluppare anticorpi che colpiscono gli stessi tessuti del paziente, invece che il virus.

L’ultima ricerca, pubblicata la scorsa settimana, suggerisce che i cosiddetti “autoanticorpi” possano continuare a persistere mesi dopo che l’infezione è cessata, e questo spiegherebbe alcuni dei sintomi riscontrati in pazienti che sono guariti dal Covid-19, ma che hanno sviluppato una sindrome particolare, che si protrae anche molti mesi dopo. Tra i sintomi, sono stati riscontrati problemi neurologici e dolori articolari.

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Gli autoanticorpi sono come dei soldati con la vista fallace, incapaci di riconoscere il nemico, e sono alla base di molte malattie autoimmuni, come il lupus, l’artrite reumatoide, in cui è lo stesso organismo ad attaccare tessuti sani. 

Lo studio

L’ultimo studio (in ordine di tempo) citato dal New York Times è molto limitato, si parla di soli nove pazienti, cinque dei quali hanno sviluppato autoanticorpi per almeno sette mesi. Servono ricerche ulteriori, e gli stessi autori invitano alla cautela. Tuttavia, ha detto Nahid Bhadelia, del Boston Medical Center, che ha firmato la ricerca, la questione va urgentemente verificata, perché un paziente su tre guarito dal Covid-19 continua ad avere sintomi. Molti ex pazienti potrebbero avere problemi a tornare al lavoro, o continuare a rivolgersi a medici, e quindi (in questo periodo di emergenza) intasare il sistema sanitario.

Altri studi compiuti in precedenza confermano che l’autoimmunità contribuisce a rendere il Covid-19 una malattia grave. Secondo una ricerca pubblicata in ottobre, su 52 pazienti con sintomi severi, il 70 per cento aveva autoanticorpi “disegnati” a combattere contro il proprio Dna e contro le proteine che impediscono la coagulazione del sangue.  In un altro studio, citato dal giornale americano, sono stati riscontrati autoanticorpi da carboidrati. 

Un immunologo della Yale University, Akiko Iwasaki, ha dichiarato: “Una volta che questi autoanticorpi sono indotti a prodursi nell’organismo, non c’è modo di liberarsene, resteranno parte del sistema immunitario del paziente”. Il suo team di ricercatori, che ha analizzato campioni del sangue di 172 pazienti, ha riscontrato incrementi significativi di autoanticorpi in un malato su cinque, che portavano ad attaccare cellule cerebrali, tessuto connettivo, o lo stesso sistema immunitario. 

Questo significa, secondo alcuni ricercatori, che gli autoanticorpi alterano il corso della malattia, e potrebbero essere la causa dell’alto tasso di letalità, forse più che lo stesso virus.

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Secondo altri studi citati dal giornale, nelle persone malate di malattie autoimmuni come lupus o sclerodermia, ma anche diabete, psoriasi e artrite reumatoide, il rischio di letalità in caso di infezione da Covid-19 diventa molto elevato. 

Le altre ricerche

In una ricerca pubblicata lo scorso ottobre su Science, è emerso che circa il dieci per cento delle persone gravemente malate a causa di Covid-19 avevano difetti congeniti del sistema immunitario, che impedivano una risposta rapida contro il coronavirus che aggrediva l’organismo. La mera presenza di autoanticorpi non significa però necessariamente un pericolo: vengono riscontrati nel 10-15 per cento nella popolazione e non portano sempre ad una patologia.  

“Probabilmente nella vasta maggioranza di pazienti Covid, il livello di autoanticorpi compare nella fase acuta e poi scende”, dice Shiv Pillai, immunologo della Università di Harvard, citato dal quotidiano. “La cosa interessante - precisa - sarebbe capire se la sindrome da Covid lungo sia spiegabile con specifici autoanticorpi”.  Resta da studiare il fenomeno nei dettagli, per individuare, se possibile, nuove terapie.

Secondo uno studio pubblicato su Lancet, e citato dal sito di news americano Axios, il 75 per cento delle persone guarite dal Covid in Cina hanno continuato a provare sintomi specifici della malattia. E secondo un altro studio ancora in fase di revisione, elaborato per medRxiv, su 3,762 persone guarite da Covid in 56 Paesi, a sei mesi dall’infezione quasi la metà è risultata impossibilitata a lavorare a tempo pieno e il 22 per cento non è mai tornato al lavoro. Inoltre, l’88% ha riportato disfunzioni cognitive o perdita di memoria, e la maggior parte ha segnalato più di un sintomo persistente.

 

La clinica americana Mayo ha riportato che frammenti di SARS-CoV-2 sono stati trovati in molti organi nei pazienti presi in esame, e che, tra i sintomi del cosiddetto Long Covid, si registrano cefalee, anosmia, e ageusia (perdita di olfatto e di gusto), e disturbi del sonno. Riscontrati anche danni agli organi di molti pazienti, al muscolo cardiaco (con conseguenti miocarditi, palpitazioni e aritmia), al tessuto polmonare (causa di problemi resporatori), e vari danni neurologici. Lo studio delle complicanze autoimmuni è quindi molto importante, per far avanzare le nostre conoscenze sul Covid-19, e uscire al più presto dall'emergenza.

Ultimo aggiornamento: 17 Febbraio, 16:40 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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