«Il Covid ha avuto origine in India nell'estate del 2019». L'ultima tesi dubbia degli scienziati cinesi

Domenica 29 Novembre 2020 di Michele Galvani
«Il Covid è nato in India nell'estate del 2019». L'ultima (dubbia) teoria degli scienziati cinesi

L'ultima tesi dei ricercatori cinesi sul Covid: «Il coronavirus ha avuto origine in India nell'estate 2019». Ennesimo tentativo degli accademici di piazzare la pandemia al di fuori dei loro confini. Un team dell'Accademia cinese delle scienze sostiene appunto che il virus probabilmente abbia avuto origine in India nell'estate del 2019, passando dagli animali agli esseri umani attraverso i fiumi contaminati, prima di viaggiare inosservato a Wuhan, dove è stato rilevato per la prima volta.

Ma David Robertson, esperto dell'Università di Glasgow, ha definito il documento «molto imperfetto» e ha concluso che «non aggiunge nulla alla nostra comprensione del Covid»Non è infatti la prima volta che le autorità cinesi puntano il dito altrove, suggerendo in gran parte senza prove, che sia l'Italia sia gli Stati Uniti potrebbero essere la sede originale dell'infezione. E questa teoria arriva in uno sfondo di crescenti tensioni politiche tra India e Cina, con le truppe che si attaccano a vicenda lungo un confine conteso. Chissà se sia un caso.

L'Oms nel frattempo, sta continuandio a cercare l'origine del coronavirus in Cina, perché alcune prove scientifiche suggeriscono che la malattia abbia avuto origine lì. Nel loro articolo, il team cinese utilizza l'analisi filogenetica - uno studio su come muta un virus - per tentare di risalire alle origini del Covid-19. «I virus, come tutte le cellule, mutano mentre si riproducono, il che significa che piccoli cambiamenti si verificano nel loro DNA ogni volta che si replicano»Gli scienziati sostengono che dovrebbe quindi essere «possibile rintracciare la versione originale del virus trovando il campione con il minor numero di mutazioni». L'utilizzo di questo metodo «esclude il virus trovato a Wuhan come il virus originale», e invece punta ad altri otto paesi: «Bangladesh, Stati Uniti, Grecia, Australia, India, Italia, Repubblica Ceca, Russia o Serbia». I ricercatori continuano a sostenere che, poiché l'India e il Bangladesh hanno entrambi registrato campioni «con basse mutazioni e sono vicini geografici, è probabile che la prima trasmissione sia avvenuta lì». Stimando il tempo necessario affinché il virus muti una volta e confrontandolo con i campioni prelevati lì, teorizzano anche che «il virus sia emerso per la prima volta lì a luglio o agosto 2019».

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«Da maggio a giugno 2019, la seconda ondata di caldo più lunga registrata si è scatenata nell'India centro-settentrionale e in Pakistan, il che ha creato una grave crisi idrica in questa regione», scrivono i cinesi. «La scarsità d'acqua ha indotto animali selvatici come le scimmie a impegnarsi in una lotta mortale per l'acqua tra loro e avrebbe sicuramente aumentato la possibilità di interazioni uomo-animale selvatico». La trasmissione da animale a uomo di SARS-CoV-2 «potrebbe essere associata a questa insolita ondata di calore». I ricercatori sostengono inoltre che il sistema sanitario indiano «così carente e la giovane popolazione, che soffre di sintomi meno gravi di Covid, hanno permesso al virus di diffondersi inosservato per diversi mesi». Gli scienziati cinesi ipotizzano che il virus possa essersi diffuso negli altri paesi «prima di arrivare in Cina, forse attraverso l'Europa: la pandemia era inevitabile e l'epidemia di Wuhan è solo una parte di essa», concludono.

I dubbi

Altri ricercatori non sono rimasti colpiti dai risultati. In una dichiarazione a Mail Online, il professor Robertson ha specificato: «L'approccio dell'autore nell'identificare le sequenze di virus meno mutate è parziale. Gli autori hanno anche ignorato i vasti dati epidemiologici disponibili che mostrano una chiara comparsa in Cina e che il virus si è diffuso da lì. Questo documento non aggiunge nulla alla nostra comprensione di SARS-CoV-2». Marc Suchard, un esperto dell'Università della California, ha dichiarato al South China Morning Post: «È improbabile che scegliere la sequenza virale che sembra avere il minor numero di differenze rispetto alle altre in una raccolta arbitraria produca il progenitore».

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I fatti 

Il coronavirus è emerso per la prima volta in Cina nel dicembre 2019, collegato a un gruppo di casi di polmonite di origine sconosciuta in un mercato ittico della città. Si è poi diffuso in tutta la Cina prima di raggiungere altri paesi, per lo più tramite i turisti, dove si è diffuso rapidamente e ha causato una pandemia. Ma nessuno è stato in grado di identificare il "paziente zero", la prima persona nota per aver contratto la malattia, il che significa che non sappiamo quando o dove si è verificata esattamente la prima infezione. Ciò ha portato a un'intensa speculazione e fondato molte teorie del complotto, nessuna delle quali finora è stata confermata. L'Organizzazione mondiale della sanità, sotto pressione, ha inviato in Cina una squadra per indagare. Sebbene il team ammetta che sia possibile che il virus abbia avuto origine al di fuori del paese, le loro ricerche iniziali sono tutte concentrate all'interno dei confini della Cina stessa. L'agenzia delle Nazioni Unite ha cercato di mitigare le aspettative prima delle indagini, avvertendo che rintracciare qualsiasi nuovo agente patogeno è un «enigma che può richiedere anni per essere risolto».

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Ultimo aggiornamento: 11:18 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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