Si chiama “stimolazione cerebrale non invasiva” ed è in fase di ricerca per trattare l'anoressia nervosa. Il progetto finanziato dal Ministero della Salute si svolge all'Ospedale Pediatrico Bambino Gesù di Roma e punta ad ampliare e aggiungere informazioni ai dati preliminari dello studio già pubblicato su “Frontiers in Behavioral Neuroscience” a luglio 2018 e relativo agli effetti sui 23 adolescenti partecipanti.
Il trattamento si svolge tre volte a settimana per sei settimane e alla fine si rivaluta il quadro psicopatologico, il peso, gli esami ematochimici, confrontandoli con quelli precedenti all’avvio della terapia e con coloro che svolgono il trattamento placebo. Le visite di controllo seguono fino a sei mesi dalla fine del percorso. Nel 2018 il trattamento con tDCS venne aggiunto alle attività usuali di supporto psichiatrico, nutrizionale e psicologico per gli adolescenti e le famiglie. «Non ci sono farmaci specifici per l'anoressia nervosa – aggiunge la Costanzo – ma si interviene farmacologicamente solo sui sintomi associati, come ansia e depressione. Attualmente solo il trattamento integrato psicologico, familiare e nutrizionale si è dimostrato efficace per l’anoressia, sebbene moderatamente. Dai risultati del primo studio abbiamo notato che, aggiungendo la neuromodulazione al trattamento integrato, c'è stato un aumento ponderale in chi l'ha ricevuta che era circa tre volte superiore ai controlli e tale miglioramento si è associato a un progresso anche dal punto di vista psicopatologico. Il gruppo di controllo ha avuto un minore aumento di peso che non sempre era collegato a un miglioramento psicopatologico. Il trattamento di neuromodulazione sembra quindi favorire un più generale e rapido miglioramento».
La soluzione all'anoressia? Presto per dirlo o creare false illusioni. Si lavora a un campione più ampio, sono necessarie valutazioni elettrofisiologiche prima e dopo, si vuole verificare – in collaborazione con la Fondazione Santa Lucia di Roma, il cambiamento della plasticità cerebrale, mentre con l'università Vanvitelli di Napoli i cambiamenti sui livelli di stress. «Il nuovo studio è stato avviato l’estate scorsa e un piccolo gruppo di adolescenti ha già completato il trattamento. Il Covid ha frenato le attività ma contiamo entro la fine dell’anno di completare la fase di arruolamento che prevede la partecipazione di 60 adolescenti». Una speranza nuova per una patologia che fa registrare in un anno – secondo il Ministero della Salute – 8-9 casi ogni 100.000 abitanti.