«Vaccinare anche i giovani potrebbe aiutare a ripartire». La proposta, già avanzata più volte e da più parti nel corso della pandemia, arriva da Mario Clerici, docente di immunologia dell'università degli Studi di Milano e direttore scientifico della Fondazione Don Gnocchi.
«Cosa servirebbe per poter vedere una svolta? Vaccini, di ogni tipo.
Ho seguito un po' di centri vaccinali e mi sembra che il meccanismo sia ormai ben rodato, ma mancano i vaccini. E che il Governo dica ogni giorno che vogliamo fare 500mila iniezioni scudo al giorno è fantastico, ma non ci sono. Abbiamo vaccinato con due dosi il 6% della popolazione in 3 mesi. Quindi è sicuramente difficile» così mettere in campo la strategia migliore «e la verità è che nessuno sa con certezza come muoversi: avanziamo a tentoni. Ritengo sia giusto impegnarsi per dare la prima dose a più persone possibile».
Ma chi proteggere prima?
«Io da questa estate ripeto che secondo me la strategia più saggia sarebbe stata vaccinare i giovani, o almeno anche loro - ragiona Clerici, che non ritiene giusto farne una questione di contrapposizione generazionale - Perché sono i giovani che fanno una vita sociale più intensa, che vanno fuori, si infettano spesso senza sintomi e poi vanno a salutare i nonni e portano loro il virus». Magari, conclude, «fare due corsie parallele - una per gli anziani in modo da bloccare la mortalità, e una per i giovani - aiuterebbe. Se vaccinassimo anche i giovani potremmo tornare in poco tempo ad aprire le scuole, le università, e tutto quel che poi produce attività, cultura, vita».
Profilo Abbonamenti Interessi e notifiche Newsletter Utilità Contattaci
Logout