Cellulari e tumori, la scienza boccia la sentenza choc: «Non aumentano i rischi»

Mercoledì 15 Gennaio 2020 di Francesco Malfetano
Cellulari e tumori, la scienza boccia la sentenza choc

L'uso intensivo e prolungato del telefono cellulare può causare l'insorgenza di alcune tipologie di tumore. A sostenerlo è la Corte d'Appello di Torino che, ieri, ha riaperto il dibattito sul tema confermando la sentenza di primo grado emessa nel 2017 dal Tribunale di Ivrea sul caso di un 56enne dipendente di Telecom Italia. La storia è quella di Roberto Romeo che nel 2010 ha scoperto di essere stato colpito da un tumore benigno ma invalidante, il neurinoma del nervo acustico.

Cellulari e tumori: secondo il rapporto Istisan non si sono correlazioni


LA TESI
Un cancro che, a detta dei suoi avvocati, ma anche della Corte torinese e del giudice del lavoro di Ivrea, è stato causato dall'uso continuato che l'uomo ha fatto del cellulare per oltre 15 anni. Per esigenze lavorative l'uomo utilizzava il telefono per circa 3 ore al giorno provocandosi il neurinoma che lo ha reso invalido per il 23 per cento. Una malattia professionali per cui l'Inail d'ora in poi dovrà corrispondergli una rendita vitalizia.
Tuttavia la sentenza è destinata a far discutere. A differenza dei magistrati, che hanno accettato la tesi degli avvocati di Romeo secondo cui «esiste una legge scientifica di copertura che supporta l'affermazione del nesso causale secondo i criteri probabilistici è più probabile che non», la comunità scientifica è ancora spaccata sull'effettiva correlazione neoplasie e smartphone.

Ad esempio nell'agosto del 2019 un rapporto curato da Istituto Superiore di Sanità, Arpa Piemonte, Enea e Cnr-Irea non aveva dato conferme: «La meta-analisi dei numerosi studi pubblicati nel periodo 1999-2017 - si legge nel testo - non rileva incrementi dei rischi di tumori maligni (glioma) o benigni (meningioma, neuroma acustico, tumori delle ghiandole salivari) in relazione all'uso prolungato ( 10 anni) dei telefoni mobili». Una certezza che ora potrebbe essere minata.

LE AVVERTENZE
«Le persone devono conoscere i rischi dell'uso dei telefonini, soprattutto da quando a utilizzarli sono anche i bambini», ha dichiarato all'uscita dall'aula Romeo. Per questo sulle confezioni degli smartphone, un po' come su quelle delle sigarette, l'uomo vorrebbe che fosse apposta l'etichetta «Nuoce gravemente alla salute, a meno che non venga utilizzato correttamente». Una piccola rivoluzione invocata dal 56enne che, però, già in passato con un precedente simile non è scattata. Nel 2009, la Corte d'appello di Brescia - e in seguito, nel 2012, la Corte di Cassazione - aveva dato ragione a un ex dirigente d'azienda affetto dal neurinoma del ganglio di Gasser che per 12 anni aveva lavorato utilizzando il cellulare per 5/6 ore al giorno.

Nel caso di Brescia come in quello di Torino però, c'è da dirlo, la voce dei magistrati resta quello che è: l'applicazione della legge alla regola e non un'evidenza scientifica. Per il caso Romeo il Tribunale ha valutato le prove a disposizione, facendo riferimento a una consulenza tecnica. In particolare a quella di Angelo Levis, ordinario di Mutagenesi ambientale all'Università di Padova che, anche da vicepresidente dell'Apple (Associazione per la prevenzione e la lotta all'elettrosmog), è tra i principali sostenitori italiani della correlazione tra utilizzo dei telefoni cellulari e insorgenza di tumori. Questa versione però, a oggi e nonostante i dubbi sollevati, vanta degli oppositori illustri.

La Corte d'Appello di Torino: l'uso del cellulare può causare il tumore. Iss: nessuna prova scientifica

Non solo l'Iss che l'estate scorsa ha stabilito come «in base alle evidenze epidemiologiche attuali l'uso del cellulare non risulta associato all'incidenza di neoplasie nelle aree più esposte alle radio frequenze durante le chiamate». Ma anche l'American Cancer Society ritiene che «potrebbe esserci un rischio di cancro associato» ma le prove non sono sufficienti per confermare un nesso di casualità. Una posizione simile a quella dell'Oms che nel 2011 ha classificato «le onde elettromagnetiche nella categoria 2B», vale a dire possibili cancerogene al pari delle verdure in salamoia ad esempio, e «non come senza dubbio cancerogene. Questo in qualche modo differisce dalla sentenza».

UNIVERSITÀ
A sostenerlo è Carlo La Vecchia, ordinario di epidemiologia all'Università statale di Milano e ricercatore dell'Airc, la Fondazione per la ricerca sul cancro fondata tra gli altri da Umberto Veronesi. «Non possiamo sostenere che ci sia una chiara evidenza di un'associazione - assicura - I dati scientifici a disposizione sono largamente rassicuranti. Dopodiché, se si vuole scegliere di usare gli auricolari in nome di un principio di precauzione per tenere lo smartphone lontano dalla testa, lo si può fare ma resta una scelta soggettiva. Come utilizziamo il cellulare, per il cancro resta l'ultimo dei problemi».
 

Ultimo aggiornamento: 12:57 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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