Vaccini, il mix prima-seconda dose è rischioso? Il ruolo (fondamentale) della proteina Spike

Venerdì 14 Maggio 2021
Vaccini, il mix prima-seconda dose è rischioso? Il ruolo (fondamentale) della proteina Spike

Al momento in Italia l’uso del vaccino anti Covid AstraZeneca è consigliato solo a chi ha più di 60 anni, sebbene non ci siano elementi per scoraggiare la somministrazione della seconda dose per quanti abbiamo già avuto la prima.

L’agenzia Ema ha effettuato un esame «approfondito» di 86 casi segnalati, di cui 18 decessi, su circa 25 milioni di persone che hanno ricevuto il vaccino in Europa e nel Regno Unito. La maggior parte dei casi di trombosi finora segnalati «si è verificata in donne di età inferiore ai 60 anni» ed «entro due settimane dalla prima dose», mentre l’incidenza dei casi sospetti dopo la seconda dose «è limitata».

Ma cosa succede ora a chi ha già fatto la prima dose del vaccino? Si può fare il richiamo con un altro siero (Pfizer o Moderna) oppure non è sicuro? E quali sono le conseguenze se un paziente rifiuta la seconda dose?

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Stop in Francia - Attualmente chi ha ricevuto la prima dose di AstraZeneca e attende la seconda, da somministrare preferibilmente entro dodici settimane, verrà vaccinato sempre con AstraZeneca. Lo chiarisce L’Aifa, l’Agenzia italiana del farmaco: «Non ci sono ancora dati sulla intercambiabilità tra diversi vaccini», quindi chi si sottopone alla vaccinazione della prima dose con Astrazeneca, continuerà a utilizzare il medesimo vaccino anche per la seconda dose.

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La tesi di Oxford - Uno studio dell’Università di Oxford, che ha condotto una sperimentazione su 830 volontari dai 50 anni in su pubblicando i primi risultati su “The Lancet”, rileva che il mix tra vaccini anti-Covid AstraZeneca-Pfizer per la prima e la seconda dose sarebbe sicuro. Gli effetti collaterali «a breve termine», come spossatezza, febbre e mal di testa, sarebbero più frequenti rispetto a una profilassi con un’unica tipologia di vaccino, ma non si evidenziamo rischi o controindicazioni particolari. Sulla possibilità di vaccinare una persona con due sieri diversi, però, gli esperti si dividono.

Dallo scorso 9 aprile, ha annunciato il ministro della Sanità Olivier Véran, la Francia non somministra alle persone sotto i 55 anni la seconda dose di Astrazeneca, sollevando le perplessità dell’Ema. «Non c’è ragione di fermare la somministrazione della seconda dose di AstraZeneca», ribadisce un portavoce della Commissione Ue interrogato sulla sicurezza del vaccino della casa farmaceutica anglo-svedese, ricordando nuovamente il parere positivo espresso dall’Ema, secondo la quale «i benefici» della vaccinazione «sono maggiori dei rischi».

 

Il dibattito in Italia - E anche in Italia c’è dibattito tra gli scienziati. «In teoria dal punto di vista immunologico è possibile fare la prima dose con un vaccino e il richiamo con uno diverso, perché è la stessa proteina Spike che induce il sistema immunitario a produrre anticorpi, che sia presentata con un Rna che la trasporta o con un adenovirus a Dna. Diamo atto agli inglesi che hanno fatto questo lavoro, ma a mio giudizio sarebbe opportuna una sperimentazione ulteriore più accurata», sostiene Massimo Ciccozzi, responsabile dell’Unità di Statistica medica ed Epidemiologia della Facoltà di Medicina dell’Università Campus Bio-Medico di Roma.

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Invita ad attendere elementi più certi la microbiologa Maria Rita Gismondo, direttrice del Laboratorio di microbiologia clinica, virologia e diagnostica delle bioemergenze dell’ospedale Sacco di Milano: «Penso che prima bisognerebbe consolidare i dati e dopo procedere. Per adesso sono dati preliminari. Aspetterei e, se possibile, continuerei con lo schema omogeneo: prima e seconda dose uguali».

Favorevole alla flessibilità tra due sieri differenti il virologo Francesco Menichetti. «Il vaccino anti-Covid a piattaforma adenovirale tipo AstraZeneca o Johnson&Johnson può perdere efficacia a causa degli anticorpi che vengono prodotti nei confronti dell’adenovirus. Quindi l’ipotesi di fare richiami con vaccini con diversa piattaforma, a Rna messaggero, può avere un senso. Anche in questo caso si prende atto di sperimentazioni che sono importanti, ma sono preliminari», afferma il primario di malattie infettive all’ospedale di Pisa. Dunque se chi ha fatto la prima dose di AstraZeneca avesse riserve nel fare il richiamo, «chiarendo che la seconda dose non è assolutamente più pericolosa della prima e che se non si hanno avuto problemi può essere fatta con tranquillità, io credo che, con lo stesso intervallo a tre mesi, potrebbe accedere anche a un vaccino a mRna».

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Favorevole al mix di sieri Matteo Bassetti, direttore della Clinica di Malattie infettive dell’ospedale San Martino di Genova: «Sapere che, qualunque vaccino io abbia fatto prima, ne possa fare un altro e non cambia niente, anzi ho una buona risposta, penso sia importante», riflette. Ammette di essere stato cauto all’inizio, «infatti ho detto “Io ero uno molto cauto su questo - ricorda Bassetti - Infatti avevo detto “non mischierei i vaccini”, invece hanno mischiato e direi che hanno dimostrato che si possa fare. Mi pare un bel messaggio - sottolinea - non tanto per oggi quando alla fine le persone prendono il medesimo vaccino perché è inserito in un percorso, quanto per il futuro, cioè fondamentalmente per la terza dose che faremo il prossimo inverno».

Sulla stessa linea Fabrizio Pregliasco, virologo dell’università Statale di Milano: «Era una cosa attesa, perché si era già vista con altro tipo di vaccinazioni la possibilità di mescolare i vaccini e quindi questo è sicuramente utile nella prosecuzione e nell’organizzazione della campagna. Per ora è uno studio e va poi validato e ufficializzato come indicazione formale. È una buona cosa, ma c’è ancora tempo. In prospettiva, qualora sarà necessario farsi una terza dose, potrà essere un’indicazione utile».

Ultimo aggiornamento: 18:34 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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