Ipertesi, obesi, fumatori: chi rischia di più per il virus

Mercoledì 15 Luglio 2020 di Graziella Melina
Ipertesi, obesi, fumatori: chi rischia di più per il virus

Dall’inizio della pandemia da Covid i ricercatori si sono messi all’opera per provare a capire meglio caratteristiche e bersagli del Sars-Cov-2. «Uno degli elementi di protezione nel futuro - sottolinea Claudio Cricelli, presidente della Società italiana medicina generale e delle cure primarie (Simg) - è quello di impedire che le persone che hanno uno o più fattori di rischio vengano esposti al contagio. Per questo dobbiamo prevedere una particolare protezione per categorie fragili, più facilmente aggredibili: ipertesi, cardiopatici, pazienti immunodepressi. Non dimentichiamo poi che la mancata aderenza terapeutica è un elemento che aggrava i fattori di rischio. C’è una bella differenza tra un iperteso con la pressione controllata ed un iperteso che invece non fa i controlli e non assume le medicine prescritte».

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Pressione


Secondo gli ultimi dati dell’Istituto Superiore di Sanità, fino al 9 luglio tra le patologie pregresse più frequentemente osservate nei pazienti deceduti il 66,2% riguarda l’ipertensione, segnalata tra l’altro nel 68% delle cartelle cliniche. La conferma arriva anche da una analisi condotta dai Centers for desease control and prevention, che su oltre 1,3 milioni di casi positivi accertati negli Usa tra il 22 gennaio e il 31 maggio ha evidenziato come maggiori fattori di rischio proprio le malattie cardiovascolari. «L’ipertensione arteriosa - spiega Cricelli - è un fattore di rischio notissimo per patologie cardiovascolari, ictus, infarto del miocardio e rappresenta forse il più importante di tutti i fattori di rischio per Covid. In Italia, dove più o meno il 25-28 % della popolazione soffre di ipertensione arteriosa, tra tutti i pazienti che si sono ammalati in modo grave di Covid la maggior parte aveva questo problema». Le complicanze sono dovute «all’enorme interazione di citochine che impattano sul sistema cardiovascolare». 
 

Età


L’ultimo report dell’Iss Sanità sui 34.026 pazienti deceduti al 9 luglio evidenzia un’età media di 80 anni, per il 57,8% di sesso maschile. Il tasso medio di letalità è pari complessivamente al 14,4%: 0,1% fino a 18 anni, 0,5% tra i 19 e i 50 anni, 6,2% tra i 51 e i 70 anni, 31,6% oltre i 70 anni. Nel complesso, l’85,3% dei decessi si registra tra persone di età superiore ai 70 anni. «Col passare degli anni - rimarca Cricelli - le persone diventano fragili, la maggior parte degli anziani sono affetti da una o più malattie croniche». Ma influiscono anche le difese immunitarie basse. «L’età avanzata è poi un fattore di rischio per ragioni sociali. Il 53% dei decessi per Covid è avvenuto in Rsa». Nuovi studi cercano di capire la possibile trasmissione verticale del virus, da mamma a bambino. In un recente studio italiano, su 31 donne che hanno partorito tra marzo e aprile, condotto dall’Università Statale di Milano, con Ospedale Sacco, S. Gerardo di Monza e il Pol. San Matteo di Pavia, è emersa una potenziale trasmissione madre-figlio durante la gravidanza.
 

Sigarette


«Non abbiamo ancora correlazioni dirette tra fumo, incidenza contagio e mortalità per Covid - spiega Cricelli - ma abbiamo evidenze indirette: le persone affette da patologie respiratorie, in particolare la broncopneumopatia cronica ostruttiva (bpco), sono risultate molto colpite dal Sars Cov 2. Il fumo dunque è un fattore di rischio indiretto per patologie cardiovascolari e respiratorie e riteniamo sia un fattore di rischio molto rilevante anche nei decessi per Covid». Secondo una ricerca pubblicata sul Journal of Adolescent Health condotta dai ricercatori del Children’s Hospital della University of California di San Francisco, tra i 6.741 non fumatori (tra i 18-25 anni) la suscettibilità a sviluppare di Covid19 in forma più seria è di circa il 16% rispetto al 31,5% dell’intero campione, inclusi i fumatori. Secondo gli esperti Usa, «gli sforzi per ridurre il fumo e l’uso di sigarette elettroniche tra i giovani adulti abbasserebbero la loro vulnerabilità alle malattie gravi».

 

Peso


«L’obesità è fattore di rischio perché normalmente si accompagna ad altre patologie cardiometaboliche in particolare il diabete - rileva Cricelli -. Le persone obese in sostanza sono affette da altre patologie prevalentemente di tipo metabolico, vascolare, ipertensione, insufficienza cardiaca». A ciò si aggiunga che l’obesità «di per sé è un cofattore di rischio primario perché è molto diffusa: una buona parte degli adulti italiani infatti sono obesi». L’Istituto Superiore di Sanità ha riscontrato infatti che l’infezione colpisce con maggiore severità i pazienti che presentano qualche comorbilità, come appunto gli obesi: su un campione di 3.857 persone decedute il 14% presentava una patologia, il 20,6% presentava due patologie, il 61,4% presentava tre o più patologie. Tra le patologie pregresse più frequentemente osservate nei pazienti, oltre all’ipertensione (66,2%), il 29,8% soffriva di diabete mellito di tipo 2, il 27,7% di cardiopatia ischemica, il 23% di fibrillazione atriale, il 20,3% di insufficienza renale cronica.

 

Ultimo aggiornamento: 10:46 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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