Bruce Willis e la demenza frontotemporale. Il neurologo: «Diversa dall'Alzheimer, ecco i sintomi e come riconoscerla»

Camillo Marra del Gemelli: «Una malattia che può colpire già a 45 anni»

Domenica 19 Febbraio 2023 di Graziella Melina
Bruce Willis e la demenza frontotemporale. L'esperto: «Un male che porta via le emozioni»

Le demenze che colpiscono le zone frontali e temporali, come nel caso dell’attore Bruce Willis, all’inizio sono caratterizzate da disturbi che sono di competenza di queste aree - spiega Camillo Marra, direttore clinica della memoria della Fondazione Policlinico Gemelli di Roma e presidente della Sindem (Società italiana di neurologia per le demenze) – Quindi non esiste un solo quadro clinico”.

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Si tratta dunque di una forma degenerativa diversa dall’Alzheimer? 

“Esistono una serie di patologie che possono portare alla demenza.

Sicuramente l’Alzheimer è quella più conosciuta, ed è la più frequente nella popolazione soprattutto anziana. Mentre invece esistono altre forme di degenerazione cerebrale con caratteristiche diverse. In particolare, intendiamo per demenza fronto-temporale non un singolo quadro clinico, ma varie forme che colpiscono le aree frontali e temporali del nostro cervello”.

I sintomi si potrebbero confondere?  

“Sì, perché il riconoscimento di un tipo o dell’altro di demenza è spesso legato all’esecuzione di un test neuropsicologico molto accurato. Il familiare apparentemente può percepire dei sintomi di calo cognitivo che poi nella sua genericità possono essere confusi. Il paziente è comunque disattento, può avere difficoltà a usare le parole e potrebbe anche avere anche disturbi di memoria”. 

 

Cosa caratterizza queste demenze?  

“Dipende, ci sono demenze in cui si manifestano le afasie, disturbi che colpiscono prevalentemente il linguaggio: il paziente perde progressivamente la capacità di accedere alle forme linguistiche, ossia non riesce a trovare le parole quando deve parlare; inoltre, non è più in grado di accedere alle conoscenze semantiche, cioè del mondo. Per esempio, non sa cos’è un determinato oggetto. Quindi perde la parola e anche il concetto della parola”. 

Come si riconosce questa malattia?  

“Il paziente è meno capace di comprendere le situazioni sociali, non tiene conto dei bisogni suoi e altrui, è meno in grado di percepire le emozioni. E poi perde la capacità di avere le buone maniere in pubblico, di seguire le normali regole del convivere sociale, diventa agitato, impulsivo. Oppure, al contrario, ha sintomi negativi: può diventare cioè apatico, con una riduzione progressiva di perdita di interessi, non ha più la motivazione e la capacità di fare le cose, di prendere iniziative, non ha voglia di avere una conversazione”. 

Quindi si potrebbe pensare che si tratta di problemi psicologici? 

“Certamente sì. La forma di demenza che all’inizio non colpisce il linguaggio, è quella che riguarda il comportamento. E, in questo caso, all’inizio il disturbo può essere anche molto subdolo: il paziente cambia carattere, sembra strano, non si occupa dei suoi hobby, tende ad assumere comportamenti a volte inappropriati in pubblico. Quindi, il paziente in genere va dallo psichiatra”. 

A che età colpisce? 

“A differenza dell’Alzheimer, che può interessare una fascia di età tra 60 e 90 anni, questa malattia può esordire anche dieci anni prima, quindi nella fascia di età dai 45-50 ai 60 anni”.

Ma da cosa dipende? 

“Rispetto all'Alzheimer, la demenza fronto-temporale è caratterizzata da una maggiore componente genetica. Ma non tutte le demenze sono genetiche, oltre la metà sono infatti sporadiche, sono legate cioè alla alterazione di proteine che sono fondamentali per il funzionamento dei neuroni”. 

 Si può curare? 

“Non esistono farmaci specifici per questa patologia, si curano però i sintomi man mano che compaiono. E poi possono essere utili gli interventi linguistici riabilitativi, mentre per i disturbi comportamentali si possono utilizzare trattamenti farmacologici”. 

Qual è il decorso di questa malattia?  

“Può capitare che la persona diventi molto apatica, incapace di gestire le emozioni, assente, rimanga inerte sempre più spesso nella gran parte della giornata. Non dimentichiamo che questa malattia è anche associata allo sviluppo dei disturbi motori, che poi possono determinare le complicanze che portano al decesso: può accadere dai 5 ai 20 anni dall’insorgenza e in relazione soprattutto a quanto precocemente insorgono le complicanze motorie”.  

Ma si può fare prevenzione? 

“Essendo presente in questa malattia una componente genetica più forte rispetto all’Alzheimer, la prevenzione ovviamente è meno efficace. È comunque importante un incremento dell’attività cognitiva, un controllo dietetico e poi l’attività fisica”. 

A partire da quale età? 

 “La prevenzione ipoteticamente inizia a scuola. Anzi, se noi avessimo la popolazione media in Italia di un anno più scolarizzata – e invece siamo uno dei paesi con la più bassa scolarità media, che è intorno ai 9,7 anni - avremmo 100mila dementi in meno. Non dimentichiamo che la quantità di riserva cognitiva è protettiva per lo sviluppo di demenze”. 

Ultimo aggiornamento: 20 Febbraio, 13:36 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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