Cancro al seno, la miglior difesa è l'attacco: dieta, attività fisica e controlli ogni anno. Ma se arriva, ecco le nuove terapie

Giovedì 13 Ottobre 2022 di Maria Rita Montebelli
Cancro al seno, la miglior difesa è l'attacco: dieta, attività fisica e controlli ogni anno. Ma se arriva, ecco le nuove terapie

Il mese di ottobre si tinge di rosa per ricordare a tutte le donne che la prevenzione del tumore del seno può salvare la vita.

Gli esperti consigliano di tenere sotto controllo il peso (l’obesità e la sindrome metabolica, soprattutto dopo la menopausa, sono importanti fattori di rischio), fare attività fisica regolare, dieta equilibrata, bando alle sigarette e alcol con moderazione. Per la diagnosi precoce, lo screening mammografico è basilare per tutte, ma nelle donne con forme eredo-familiari (meno di 1 su 10), altrettanto importante è la ricerca, con un prelievo di sangue, delle mutazioni geniche (come la BRCA1/2, il gene di Angelina Jolie) che aumentano il rischio di sviluppare questo e altri tumori (si eredita sempre il rischio e non il tumore, nel caso di mutazioni del gene BRCA1 il rischio aumenta del 65%, in quelle con mutazione BRCA2, del 40%) e che oggi hanno a disposizione terapie specifiche e altamente efficaci, come i PARP inibitori (olaparib).

Fondamentale in queste donne il counselling oncogenetico che guiderà verso una sorveglianza clinico-strumentale intensiva (esame senologico, ecografia mammaria, mammografia, risonanza magnetica mammaria) o verso la chirurgia profilattica (mastectomia bilaterale).

LA RICERCA

 «Oggi, in Italia, vivono circa 834.200 donne con alle spalle una diagnosi di tumore al seno – ricorda Saverio Cinieri, presidente dell’Associazione Italiana di Oncologia Medica – Le recenti grandi innovazioni terapeutiche ci permettono oggi di curare o cronicizzare queste neoplasie, ma non dobbiamo dimenticare che la diagnosi precoce è quella che ci permette di intervenire sulla malattia quando sono maggiori le possibilità di curarla». Ma se il tumore del seno compare, cosa fare? «Ogni anno – ricorda Cinieri - sono circa 55.000 le donne alle quali viene diagnosticato un tumore del seno in Italia (e 500 uomini); il 41% di questi è diagnosticato in donne con meno di 49 anni, con una tendenza in aumento dell’1,6% l’anno. Gli avanzamenti terapeutici e la diagnosi precoce hanno sensibilmente aumentato la sopravvivenza. Oggi, l’87% di loro è ancora viva a 5 anni dalla scoperta del tumore (la mortalità si è ridotta del 7% negli ultimi 6 anni). Fondamentale è affidarsi agli specialisti delle Breast Unit (le Unità ospedaliere dedicate al cancro del seno) che garantiscono una gestione qualificata e multidisciplinare del tumore e devono essere l’unico centro che segue la donna lungo tutto il suo percorso di cura. Questi centri si occupano di tutti gli aspetti della vita con e dopo un tumore, offrendo anche tecniche di preservazione della fertilità per venire incontro al desiderio di maternità di una donna giovane che abbia superato il tumore. Sono 256 le Breast Unit in tutta Italia e i contatti si possono trovare sul portale www.breastunit.info.

LA CHIRURGIA

 Nelle forme diagnosticate in fase iniziale si ricorre alla chirurgia conservativa (quadrantectomia o asportazione del tumore con l’area circostante), seguita dalla radioterapia. Nella singola paziente viene poi valutato il rischio di ripresa della malattia e, in base all’età e alle caratteristiche biologiche del tumore (dimensioni, interessamento dei linfonodi ascellari, tipo istologico, invasione vascolare, attività proliferativa o indice Ki67, stato dei recettori ormonaliestrogenici e progestinici, iperespressione di HER2 – presente nel 15-20% dei casi), dopo l’intervento verrà proposta o meno una terapia sistemica (terapia adiuvante) e cioè ormonoterapia, poli-chemioterapia o terapia a bersaglio molecolare, per eradicare eventuali focolai “occulti” di cellule tumorali. Nelle donne con recettori ormonali positivi (HR+) e HER2-negative, se il rischio di ripresa di malattia a 10 anni dall’intervento è alto, si effettua la chemioterapia seguita dall’ormonoterapia. se il rischio è basso si prosegue con la sola ormonoterapia.

LA ZONA GRIGIA

 Ma c’è una fascia di donne a rischio “intermedio”, una zona grigia, nella quale prendere una decisione è più difficile. «In questo caso – spiega Cinieri - la scelta se intraprendere o meno la chemioterapia deve essere guidata dai cosiddetti test genomici (da non confondere con quelli genetici come il BRCA) che si effettuano sul tessuto tumorale prelevato durante l’intervento chirurgico (o la biopsia)». Il test (il più comune è l’Oncotype e si effettua negli Usa, dove viene spedito il tessuto tumorale da analizzare e fornisce una risposta in due settimane) traccia l’identikit molecolare, cioè l’espressione di una serie di geni (da 20 a 70) tumorali e questo consente di definire il profilo di rischio che guiderà la scelta terapeutica, risparmiando a tante donne una chemioterapia inutile. «Il test – spiega il professor Cinieri - è riservato alle donne nella fascia di rischio intermedia di ripresa di malattia a 10 anni, HR+/HER2- e con un massimo di tre linfonodi ascellari positivi; sono rimborsati dal Ssn, ma sono offerti ancora a macchia di leopardo nelle varie Regioni italiane». E la terapia ha fatto notevoli passi avanti anche per le donne con il tumore in fase metastatica (sono 37 mila le italiane in questa condizione), con un impatto importante sulla loro sopravvivenza. «Tra i nuovi farmaci per le donne HR+/HER-, molto efficace – ricorda il Presidente Cinieri – è il ribociclib (un inibitore delle cicline) in associazione alla terapia ormonale. Per le donne HER2+ (1 su 5 di tra quelle con tumore del seno) è stato invece appena approvato in Europa un anticorpo-farmaco coniugato (trastuzumab-deruxtecan) che riduce del 72% il rischio di progressione di malattia o morte, rispetto all’attuale standard terapeutico». Un lavoro in tandem, nel quale l’anticorpo porta il farmaco direttamente sul bersaglio tumorale, realizzando una sorta di chemioterapia “smart” molto concentrata ed efficace sul bersaglio e con minor effetti collaterali sistemici. Infine, per le donne con tumore del seno metastatico “triplo negativo” (HR-/ HER2 -, circa il 15% di tutti i tumori del seno) le buone notizie vengono da sacituzumab govitecan che, rispetto alla chemioterapia, riduce il rischio di progressione del tumore o di morte del 59%. «La forma “triplo negativa” – conclude Cinieri - è quella più aggressiva, ma grazie a questa terapia mirata è possibile aumentare sia la sopravvivenza globale, che la qualità di vita di queste donne».

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Ultimo aggiornamento: 24 Febbraio, 16:56 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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