Covid ferma le cure. Censis: «Saltate 46 milioni di visite, 14.000 diagnosi di tumore in meno»

Giovedì 8 Aprile 2021 di Cristiana Mangani
Il Covid ferma le cure: «Saltate 46 milioni di visite, 14 mila diagnosi di tumore in meno»

L'emergenza Covid ha messo a dura prova gli ospedali e le strutture sanitarie, e i malati di altre patologie, altrettanto gravi, hanno smesso di curarsi.  La conferma arriva da Massimiliano Valerii, direttore generale del Censis. «A causa dell'emergenza Covid, ci sono stati 46 milioni di visite specialistiche ed esami diagnostici in meno (-31%) - ha dichiarato -, 700.000 ricoveri in meno in medicina interna (-70%) e 3 milioni in meno di screening oncologici (-55%) con 14.000 diagnosi di tumore in meno». In sostanza, «si è inabissata una domanda di prestazioni sanitarie, che ha formato un sommerso destinato a investire come un'onda di ritorno il Servizio sanitario». Qualcosa con la quale bisognerà fare i conti  non appena la tensione da Covid si allenterà.  La pandemia, tuttavia, ha aggiunto Valerii, «è stata uno straordinario fattore di accelerazione di fenomeni preesistenti e in atto e ha finito per squarciare il velo sulle nostre fragilità strutturali».

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Nel periodo 2014-2019 la spesa sanitaria pubblica in Italia ha registrato una riduzione dell'1,2%, mentre aumentava in Germania (+18,4%), Francia (+15,1%), Regno Unito (+12,5%), e questo ha avuto i suoi effetti sul Sistema sanitario.Va aggiunto, poi - ha specificato ancora il direttore generale, durante una diretta Ansa, per la presentazione del progetto “I cantieri per la sanità del futuro, promosso da Censis in collaborazione con Janssen Italia,che, a prescindere dalla pandemia, «la radicale transizione demografica, con l'invecchiamento della popolazione e l'aumento delle malattie croniche, ci obbliga a ripensare già oggi il modello di offerta di salute del futuro».

Tra 20 anni, infatti, «la spesa sanitaria pubblica per gli anziani rappresenterà il 63% della spesa sanitaria pubblica. Quindi anche senza lo shock del Covid la politica avrebbe dovuto affrontare una riorganizzazione del Sistema sanitario nazionale». Prevenzione, sanità di territorio e telemedicina, ha concluso Valerii, «sono questi i cardini di una sanità post-pandemia» per «non avere più una sanità impreparata di fronte a una domanda di salute che si evolve con la popolazione».

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E quanto afferma il dg di Censis trova riscontro anche nelle opinioni degli italiani che, a oltre un anno dallo scoppio della pandemia, in buona parte, ritengono che non sia ancora stata impressa la spinta necessaria per segnare un cambio di passo per il Servizio sanitario nazionale. E' ancora uno studio del Censis a confermare che, oltre il 40% non crede che la sanità della propria regione sarebbe pronta ad affrontare nuove eventuali emergenze, mentre il 93% ritiene una priorità investire maggiori risorse nella sanità e nel personale dedicato. Rispetto a come allocare le risorse che arriveranno, il 91,7% dei cittadini è dell'idea che bisognerebbe
dare un forte impulso alle attività di prevenzione dai virus come da altre malattie. Quasi all'unanimità (94%), gli italiani chiedono inoltre il potenziamento della sanità di territorio. E infine, il 70,3% considera necessario un maggior ricorso a telemedicina e soluzioni digitali per controlli, diagnosi e cure a distanza.

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