Covid, come si cura in casa? Subito antinfiammatori (anche prima del tampone), ok al cortisone

Domenica 25 Aprile 2021 di Graziella Melina
Covid, come si cura a casa? Subito gli antinfiammatori (anche prima del tampone), ok al cortisone

Capire quale sia la cura più efficace per i pazienti affetti da covid ma non ospedalizzati non è stata un’impresa semplice. Troppo incerti alcuni studi, poco efficaci forse altri. Fatto sta che nelle nuove linee guida del Ministero della Salute si dà spazio a diversi approcci terapeutici, inclusi gli antinfiammatori. Quasi una vittoria per Fredy Suter, primario emerito di malattie infettive dell’ospedale Papa Giovanni XXIII di Bergamo, che dall’inizio della pandemia lavorando sul campo si era reso conto che trattando i pazienti con gli antinfiammatori i risultati erano incoraggianti. 
«Su dieci malati - spiega - otto riusciamo a tenerli a casa grazie a questi farmaci.

Ma per riuscirci servono medici volenterosi e competenti che si diano da fare. Non bastano solo i medicamenti».

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Si tratta di un riconoscimento implicito della bontà del suo lavoro?
«Penso che in modo responsabile il ministero abbia consentito nuove terapie. Noi continuiamo a ritenere che le nostre cure antinfiammatorie abbiano un ruolo importante per il trattamento dei malati di covid. Siamo lieti che il ministero abbia permesso l’uso questo tipo di farmaci efficaci. Devo dire che l’intuizione fortunata è stata mia, però è grazie alla collaborazione con Giuseppe Remuzzi, direttore del Mario Negri di Milano e con i suoi ricercatori se questa proposta terapeutica si è poi concretizzata in uno studio scientifico».


Perché gli antinfiammatori sono utili?
«La prima fase del covid, quella virale, è caratterizzata da sintomi di tipo influenzale, ossia febbre, tosse, mal di gola, dolori osteo-muscolari. Poi, in alcuni pazienti si verifica che il virus, attivando un enzima pro-infiammatorio che si chiama Cox2, scateni un processo flogistico. In termini generali, questa reazione dovrebbe essere utile a controllare la malattia e ad eliminare il virus. A volte, invece, l’infiammazione diventa eccessiva e incontrollata e causa le complicanze più gravi, come la polmonite, le vasculiti, le trombosi, i danni di organo».


Quindi gli antipiretici, tipo paracetamolo, sono poco efficaci?
«All’inizio della pandemia, lo scorso anno, molti esperti hanno sconsigliato l’uso degli antinfiammatori, compreso il cortisone, perché sembrava o si riteneva che potessero favorire un’evoluzione più grave dell’infezione. In realtà, poi si è scoperto che il cortisone, essendo un antinfiammatorio molto efficace nelle complicanze più gravi del covid, è un farmaco eccezionalmente utile nelle persone con le patologie avanzate più gravi. Quindi, sembrava ragionevole prospettare che altri antinfiammatori più banali e di uso comune attivi contro questi Cox2 si rivelassero capaci di limitare i disastri indotti dal virus». 


Ma prima di assumerli bisogna essere certi di essere positivi? 
«No. Anzi, preciso che per avere buoni risultati, prima di tutto occorre intervenire tempestivamente. Cioè, non dobbiamo aspettare l’esito del tampone. Noi non vogliamo che i malati restino passivamente a casa senza essere curati e assistiti, ma iniziamo il più presto possibile la cura, fin dal primo sospetto. Se si ha un raffreddore, un mal di testa, la febbre, prescriviamo subito questi composti. Poi però i malati vanno seguiti e controllati. Probabilmente, i risultati buoni che noi e altri gruppi otteniamo con strategie e farmaci diversi sono dovuti al fatto che interveniamo immediatamente».

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Anche se si ha solo qualche linea di febbre?
«Certo. Se vedo che un paziente presenta disturbi anche minimi prescrivo subito l’antinfiammatorio, per bloccare l’evoluzione della malattia. E così miglioro rapidamente i sintomi tipici influenzali, quelli dei primi giorni. Abbiamo poi verificato che questi farmaci tendono non solo ad attenuare i disturbi della prima settimana, ma riducono verosimilmente le complicanze gravi. Il che non vuol dire che un’infiammazione non si verifichi mai, ma qualora si manifesti resta di grado lieve. Però, ripeto, è cruciale che il medico si occupi subito del paziente e dei trattamenti da prescrivere. Alla vigile attesa noi preferiamo interventi terapeutici precoci, controllando assiduamente il decorso della malattia. Non aspettiamo che una persona si aggravi fino a un’insufficienza respiratoria importante, come succede ancora troppo spesso. Se i pazienti vanno in ospedale con una polmonite grave diffusa, diventa un grosso problema anche per i rianimatori riuscire a salvarli». 
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