Il traguardo di un vaccino anti Covid appare sempre più prossimo e vanno proprio in questa direzione le previsioni di Franco Locatelli, presidente del Consiglio superiore di sanità e componente del Comitato tecnico scientifico: «Si sta facendo un grande sforzo internazionale sui vaccini e realisticamente - ha affermato - credo che potremmo far partire le vaccinazioni per le persone fragili, le forze dell'ordine e gli operatori sanitari nei primi mesi della prossima primavera».
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Locatelli: situazione diversa da marzo
Nei giorni scorsi Di Maio aveva inoltre già sottolineato come «la verità è che questo potrebbe essere l'ultimo miglio: per fine anno arriveranno in Italia le prime dosi del vaccino. E da gennaio inizieremo le vaccinazioni», ha affermato. Il ministro ha anche ricordato che l'Italia ha firmato un accordo con diversi Paesi europei per 250 milioni di dosi. Dunque, è il suo commento, «potremo cominciare a respirare e sarà un segnale di fiducia per i mercati mondiali». A rafforzare le speranze sono state anche le recenti dichiarazioni del direttore esecutivo dell'Agenzia europea del farmaco (Ema) Guido Rasi, secondo il quale le «prime dosi importanti per le popolazioni a rischio potrebbero arrivare nella primavera del 2021 con un inizio di vaccinazione importante. La disponibilità di dosi - ha aggiunto - andrà aumentando molto rapidamente dopo l'approvazione; credo che, se siamo fortunati, molti di quelli che vorranno essere vaccinati potrebbero esserlo per l'estate del 2021». In effetti sono vari i candidati vaccini già giunti in fase di sperimentazione avanzata e ciò lascia ben sperare. Secondo i dati aggiornati dell'Istituto superiore di sanità, infatti, nel mondo sono 75 gli studi registrati su vaccini per Covid-19, con nove candidati arrivati alla fase 3, l'ultima prima della richiesta di autorizzazione. In totale, gli studi prevedono di arruolare quasi 310mila pazienti. La Cina continua a guidare la 'classificà, con 23 test, quasi il doppio degli Usa che ne hanno in corso 12, mentre l'Italia ne ha uno. Tra i candidati vaccini che sembrerebbero essere più vicini al traguardo vi è quello messo a punto dalla Oxford University con la collaborazione della Irbm di Pomezia a che sarà prodotto dalla multinazionale farmaceutica AstraZeneca.
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Dopo una sospensione temporanea di alcuni giorni per una reazione avversa in uno dei volontari partecipanti alla sperimentazione - poi dimostratasi non collegata alla vaccinazione - i test di fase 3 sono ripresi nei giorni scorsi, e ieri Jonathan Van-Tam, vicecapo dei consiglieri medici del governo britannico, in un'udienza a porte chiuse con una commissione della camera dei Comuni, ha annunciato che «non siamo ad anni luce di distanza e non è completamente irrealistico aspettarsi che potremo distribuire il vaccino subito dopo Natale». In corsa è anche l'azienda farmaceutica Pfizer, che prevede di chiedere l'autorizzazione per il suo vaccino anti-Covid la terza settimana di novembre. L'azienda è pronta infatti a richiedere la procedura di emergenza all'autorità regolatoria statunitense per i farmaci, la Fda, se i dati della sperimentazione di questo mese saranno positivi. Ad ogni modo, la prudenza resta d'obbligo e l'arrivo del vaccino, pur rappresentando «l'inizio della fine della pandemia - ha avvertito Rasi - non è la fine». Infatti, solo «dopo un anno che avremo a disposizione il vaccino - ha chiarito il direttore esecutivo dell'Ema - vedremo la pandemia diminuire in maniera importante».