Vaccini, il richiamo della terza dose nel 2022: «Prima a chi ha fatto Johnson&Johnson»

Lunedì 7 Giugno 2021 di Graziella Melina
Vaccini, il richiamo della terza dose nel 2021: «Prima a chi ha fatto Johnson&Johnson»

Per continuare a proteggersi dal sars-cov-2 servirà una terza inoculazione, ma non prima del prossimo anno. Mentre si rafforza la campagna vaccinale, che conta oltre 500mila somministrazioni al giorno, il commissario all’emergenza Francesco Paolo Figliuolo pensa già a come organizzare la profilassi per il 2022.

Ieri, intervenendo alla Commissione Bilancio, Tesoro e Programmazione della Camera dei Deputati, ha delineato il piano per la prossima immunizzazione di massa. Con una premessa: «Mi preme rilevare - ha ribadito - l’importanza della pianificazione che è alla base della sostenibilità della campagna vaccinale». Che dovrà seguire due indicazioni ben definite. Innanzitutto, si dovrà passare ad una «gestione ordinaria dell’attività vaccinale futura». Il che vuol dire che al sistema degli hub dovrà poi subentrare una modalità capillare. Il compito di guidare le attività sanitarie toccherà quindi di nuovo alle «amministrazioni centrali e locali competenti». Servirà poi mettere in conto la programmazione di almeno un’ulteriore dose di richiamo. «Ad oggi - ha precisato il generale Figliuolo - non è definita la durata della protezione del vaccino: la maggior parte degli scienziati crede che possa essere di circa un anno, ed è chiaro che sulla base di questa stima dobbiamo organizzarci per fare i richiami».

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Tutto dipenderà, dunque, dal monitoraggio sui vaccinati. Intanto, qualche certezza in più sulla durata della protezione dopo la prima dose arriva dai dati aggiornati dell’Istituto superiore di sanità e del ministero della Salute. I risultati dell’ultimo monitoraggio sull’impatto dei vaccini, condotto su circa 14 milioni persone, fa ben sperare: la durata dell’immunità supera i 130 giorni dalla somministrazione della prima dose; dopo i 35 giorni si osserva poi una stabilizzazione a circa l’80% per il rischio di diagnosi di covid, il 90% per il ricovero e di ammissione in terapia intensiva e del 95% per il decesso. Gli effetti sono simili sia negli uomini che nelle donne, a prescindere dall’età. Non solo. A partire dai 105-112 giorni dalla vaccinazione si osserva una ulteriore riduzione del rischio di infezione. «Al momento - rimarcano gli esperti nel rapporto - non vengono rilevati aumenti nel rischio di diagnosi nei periodi di osservazione più lunghi dopo la vaccinazione, questo suggerisce una protezione protratta nel tempo».

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Gli aggiornamenti

Per sapere quanto davvero si possa stare tranquilli dopo la seconda dose è ancora troppo presto. Di sicuro c’è che le aziende farmaceutiche stanno già lavorando a farmaci anticovid aggiornati, in vista delle future inoculazioni. Secondo Nicola Magrini, direttore dell’Agenzia italiana del Farmaco, si tratta di «vaccini di seconda generazione che saranno in grado di coprire, anche con un semplice richiamo, le varianti». Ma di quesiti insoluti ce ne sono ancora tanti. «Per esempio non sappiamo se tutti i vaccini garantiranno la stessa copertura» osserva Armando Genazzani, membro italiano del Chmp, il comitato dell’Ema per l’autorizzazione dei medicinali. «Se poi scopriamo che un determinato farmaco copre per un tempo minore rispetto ad un altro, i tempi della terza dose dovranno essere quindi diversi. Non dimentichiamo, poi, che dei 4 vaccini, ne abbiamo uno, il Janssen della Johnson&Johnson, che è monodose. E quindi, tenendo conto della possibile durata della immunità, potrebbe essere il primo tra quelli da rifare».

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La selezione

Insomma, per il nuovo piano vaccinale si potrebbero prospettare partenze diverse a seconda del tipo di farmaco anticovid. A meno che, come suggerisce Genazzani, «alla fine potrebbero essere selezionati i migliori vaccini, quelli cioè che garantiscono immunità più duratura, e si potrebbe decidere di usare per tutti soltanto quelli». Intanto, il prossimo obiettivo da raggiungere entro settembre di quest’anno, rimarca Figliuolo, «è la vaccinazione dell’80% della popolazione nazionale compresa la platea che va dai 12 ai 15 anni, che inizialmente era esclusa per motivi sanitari. È probabile che rimarranno minime percentuali di irraggiungibili, ma oggi circa l’83% degli over 80 ha ultimato la procedura vaccinale».

Ultimo aggiornamento: 9 Giugno, 10:07 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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