Vaccino Covid, 14 milioni al mese. Draghi cambia il piano: «Via d’uscita non lontana». Giovedì il via libera a Johnson&Johnson

Lunedì 8 Marzo 2021 di Mauro Evangelisti
Vaccino Covid, 14 milioni al mese. Draghi cambia il piano: «Via d uscita non lontana». Giovedì il via libera a Johnson&Johnson

Proteggiamo i fragili, potenziamo il piano dei vaccini, la via di uscita non è lontana. Sono i messaggi inviati dal premier Mario Draghi, nel giorno in cui l’Italia ha superato quota 100mila morti e ha visto aumentare i posti letto occupati in terapia intensiva da pazienti Covid con numeri simili a quelli del picco della seconda ondata. In parallelo, gli annunci della presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, mettono in fila alcune rassicurazioni che confermano l’accelerazione promessa da Draghi.

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«Le quantità di dosi, secondo i produttori, potrebbero raddoppiare da aprile, con una media di circa 100 milioni di dosi al mese nel secondo trimestre, per un totale di 300 milioni entro la fine di giugno.

E nuovi vaccini stanno per essere approvati». Per l’Italia, se gli impegni saranno mantenuti, significa ricevere 13,4 milioni di dosi al mese a partire dal prossimo. Contando che 5,5 milioni di italiani hanno già ricevuto almeno la prima dose e che a fine mese potremo superare quota 9 milioni, davvero entro fine giugno potrà essere immunizzata la stragrande maggioranza di coloro che non rifiutano il vaccino. Alla luce di questi numeri, non ci possono essere esitazioni e anche ieri pomeriggio, a Palazzo Chigi, si è svolto un vertice tra i ministri Maria Stella Gelmini (Affari regionali) e Roberto Speranza (Salute) con il generale Francesco Paolo Figliuolo, commissario per l’emergenza, e Fabrizio Curcio, capo della Protezione civile. Oggetto: piano vaccini, vale a dire logistica, distribuzione e somministrazione. Non a caso all’incontro c’era anche Matteo Del Fante, ad di Poste Italiane (da cui dipende uno dei sistemi di prenotazione online adottato da alcune Regioni). Il confronto è durato 90 minuti e alla fine c’è stato un incontro con Draghi. Ricapitolando: per fine marzo si conta di ricevere 7 milioni di dosi, nei mesi successivi, se si confermerà lo scenario descritto dalla von del Leyen, 13,4 al mese. Si punta a mobilitare l’Esercito per la distribuzione e a utilizzare i volontari della Protezione civile a supporto delle Regioni.

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Qualche ora prima il direttore della Prevenzione del Ministero della Salute, Gianni Rezza, aveva firmato una circolare con cui elimina ogni limite di età per il vaccino di AstraZeneca (prima era stato fissato a 55 anni, successivamente a 65) e questo cambia le carte in tavole. La linea ora è andare (salve le eccezioni dei vulnerabili) a un campagna massiccia per classi di età, riservando, per quanto possibile, AstraZeneca ai settantenni e terminando la protezione degli ottantenni con Pfizer e Moderna.

Rezza, nella circolare, ha confermato: «Ulteriori evidenze scientifiche resesi disponibili non solo confermano il profilo di sicurezza favorevole ma indicano che, anche nei soggetti di età superiore ai 65 anni, la somministrazione del vaccino di AstraZeneca è in grado d’indurre significativa protezione sia dallo sviluppo di patologia indotta da Sars-CoV-2 sia dalle forme gravi o addirittura fatali di COVID-19». Nel vertice di ieri si è fatto anche il punto sulla possibilità di produrre in Italia il vaccino, ma questo non potrà avvenire prima di ottobre. Intanto, il commissario europeo all’Industria, Thierry Breton, e il coordinatore della task force Usa sul coronavirus, Jeffrey Zients, si sono incontrati in videoconferenza e hanno concordato di «lavorare insieme per garantire il regolare funzionamento delle catene di approvvigionamento industriali per la produzione di vaccini da entrambe le parti».

Giovedì Ema autorizzerà un quarto prodotto anti coronavirus, quello di Johnson&Johnson, le prime consegne sono previste per aprile. Dunque, ora va anche riorganizzato il piano, per decidere in modo più accurato a chi riservare le diverse tipologie. Ad esempio, il Lazio (dove ieri è stato toccato il record di inoculazioni giornaliere, 20.000) è orientato a riservare AstraZeneca e Johnson&Johnson al canale dei medici di famiglia, visto la semplicità di distribuzione poiché questi due vaccini non richiedono temperature molto basse necessarie invece per Pfizer.

Draghi ha spiegato: «Nel piano di vaccinazioni, che nei prossimi giorni sarà decisamente potenziato, si privilegeranno le persone più fragili e le categorie a rischio. Aspettare il proprio turno è un modo anche per tutelare la salute dei nostri concittadini più deboli». Bene, ma sul serio andiamo verso un incremento costante del numero di dosi a disposizione? Nelle Regioni permane scetticismo, perché fino ad oggi le promesse sulle forniture delle case farmaceutiche, nonostante i contratti siglati dalla Commissione europea, non sono stati rispettati.

Vero è che Pfizer, dopo i problemi iniziali, ora è diventata affidabile e viaggia su numeri costanti, ieri sono state consegnate 685.000 dosi all’Italia. Ma il braccio di ferro con AstraZeneca, che ha notevolmente tagliato le fiale rispetto alle promesse dell’autunno scorso, permane. L’altro giorno l’Italia, d’intesa con la Commissione europea, ha bloccato l’esportazione di 250.000 dosi del vaccino infialato ad Anagni ma commercializzato dalla multinazionale anglosvedese, destinate all’Australia. L’Unione europea, dopo i tagli corposi di AstraZeneca, ha deciso di regolamentare e controllare le esportazioni dei vaccini.

E su questo Ursula von der Leyen è perentoria: finché non vengono rispettati i patti, l’export si ferma. «Da quanto vediamo, AstraZeneca sta distribuendo meno del 10 per cento delle dosi rispetto a quanto pattuito per il primo trimestre. Secondo il contratto, doveva iniziare a produrre prima di avere l’autorizzazione. Questo sistema ha funzionato con BioNTech-Pfizer e Moderna, non con AstraZeneca. Vogliamo sapere cosa è successo». Conclusione: «Ci aspettiamo che AstraZeneca accresca i suoi sforzi per distribuire di più e mettersi in pari. Questo sarà il riferimento sulla possibilità per l’azienda di esportare. La mancata autorizzazione all’esportazione da parte dell’Italia non è una tantum, dipende dall’azienda ricreare la fiducia onorando il contratto. Se lo farà, certamente le porte dell’export saranno aperte».
 

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