Covid, l’allarme dei chirurghi: rinviati 400 mila interventi. Liste d’attesa fino al 2023

Non smaltito l’arretrato dello scorso anno. E 3 italiani su 10 saltano le visite di screening

Giovedì 30 Settembre 2021 di Graziella Melina
Covid, l’allarme dei chirurghi: rinviati 400 mila interventi liste d’attesa fino al 2023

La ripresa delle attività chirurgiche e degli screening dopo l’emergenza pandemica fatica ancora a decollare. E così le liste di attesa continuano ad allungarsi, ovunque. Il presidente della Società Italiana di chirurgia Francesco Basile lo dice chiaramente: «Durante il 2020 sono stati rinviati ben 400mila interventi.

Adesso, abbiamo ripreso a svolgere attività normale, ma abbiamo bisogno di trovare delle soluzioni per poter garantire in tempi brevi l’intervento chirurgico ad ogni paziente».

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Interventi, l’allarme dei chirurghi

In realtà, il ministero della Salute, come ha ricordato il sottosegretario Pierpaolo Sileri, «ha già fatto un piano e immesso 700 milioni di euro lo scorso anno per far fronte a questo accumulo di prestazioni». Nel frattempo però qualcosa deve essersi impantanato. «I soldi che il governo ha messo a disposizione delle Regioni - ricorda Francesco Cognetti, presidente della Confederazione degli oncologi, cardiologi ed ematologi - come ha certificato la Corte dei Conti, non sono stati spesi». E le conseguenze come al solito ricadono sui pazienti, che devono aspettare mesi per un esame e addirittura più di un anno per un’operazione, così che in alcune aree d’Italia per alcuni interventi le liste d’attesa possono arrivare al 2023.

TEMPI E SOLUZIONI

«Le liste di attesa di cardiologia sono tutte aumentate moltissimo - spiega Giuseppe Tarantini, presidente della Società italiana di cardiologia interventistica - Gli interventi si sono ridotti del 10-15 per cento circa, a fronte di un aumento annuo delle richieste del 15. Quindi arriviamo a una riduzione del 20-25 per cento, in sostanza un paziente su 4 non ha accesso alle cure nelle tempistiche giuste. Servono più letti, più personale e una modifica organizzativa del turn over dei pazienti». Le soluzioni, in fondo, sono note da tempo. «È necessario lavorare in sintonia col territorio, cioè occorre anticipare i pazienti più gravi, in modo tale che all’interno delle categorie urgenti abbiano la precedenza - osserva Tarantini -. Le categorie di urgenza dovrebbero essere prese in carico entro un mese, ma praticamente in nessuna parte di Italia vengono fatte nei tempi necessari. Non dimentichiamo che la patologia cardiovascolare è il killer numero uno. Recuperare il pregresso in tempo è puro sogno. Non vedo piani di ripartenza cardiologici formalizzati in Italia».

LA SITUAZIONE

Gli interventi intanto si accumulano senza sosta. «Nel 2020 sono stati effettuati circa 135mila interventi ortopedici in meno rispetto al 2019, per le protesi di anca e ginocchio il calo nello stesso periodo è del 54% - rimarca Fabrizio Cortese, vicepresidente di Otodi (la Società degli ortopedici e traumatologi ospedalieri d’Italia) -. Difficile dire quando si recupererà. La realtà italiana è a macchia di leopardo, si può attendere da due mesi a un anno per una protesi d’anca. Se la media prima della pandemia era intorno ai 6 mesi, dobbiamo calcolare un aumento di circa il 25-30 per cento nella media dei tempi di attesa. Adesso stiamo cercando di recuperare il pregresso, ma intanto si accumulano nuovi pazienti».

I CONTROLLI

C’è poi il problema degli screening saltati e, anche quelli, difficili da recuperare. Secondo un’indagine Ipsos, durante la pandemia 7 giovani su 10 hanno rinviato gli esami per la prevenzione; il 68 per cento nel 2020-21 ha posticipato il vaccino contro l’hpv. «Noi in realtà non ci siamo mai fermati, abbiamo assicurato trattamenti medici anche nei momenti più convulsi - assicura Saverio Cinieri, presidente eletto dell’Associazione italiana di oncologia medica (Aiom) - Abbiamo sospeso però le visite di follow up in presenza, anche se ogni ospedale si è organizzato per rimanere in contatto con il paziente. Il vero problema che stiamo valutando in questo mese riguarda gli screening. Sono assolutamente in ritardo. Spesso ci sono difficoltà legate alle procedure di accesso, a volte capita pure che non si sottopongono agli esami per paura del contagio». Serve dunque intervenire prima che la situazione sfugga di mano. «Per evitare che i tempi di attesa si vadano a misurare in anni - ribadisce Carlo Palermo segretario Anaao Assomed, l’associazione dei medici dirigenti - bisogna assolutamente assumere. Visto che abbiamo sbagliato la programmazione degli ultimi 10 anni, dobbiamo far lavorare gli specializzandi del 3°-4°-5° anno. Solo così sarà possibile dare risposte all’attività ordinaria bloccata dalla pandemia». 

Ultimo aggiornamento: 1 Ottobre, 16:00 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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