Omicron, fine pandemia vicina? Ecco perché scienziati Usa e sudafricani sono ottimisti

Sono i dati recenti a segnare - dicono alcuni scienziati - un nuovo capitolo meno preoccupante della diffusione del virus

Martedì 4 Gennaio 2022 di Cristiana Mangani
Omicron, «fine della pandemia vicina»: la previsione degli scienziati americani e sudafricani

La variante Omicron corre velocissima, ma la sua diffusione, così rapida e diffusa, potrebbe segnare la fine della pandemia.

O almeno, questo è quello che diversi scienziati prevedono. Sono tante, infatti, le ricerche che confermano questo dato, perché se Omicron sale a livelli record, è pur vero che il numero dei casi gravi e dei ricoveri non cresce con la stessa velocità. Anzi, rimane su valori decisamente più bassi dello scorso anno, dove i morti erano tanti di più. 

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I dati

Sono i dati recenti a segnare - dicono alcuni scienziati -  un nuovo capitolo meno preoccupante della diffusione del virus. «Siamo in una fase completamente diversa - spiega Monica Gandhi, immunologa dell'Università della California, a San Francisco -. Il virus sarà sempre con noi, ma la mia speranza è che questa variante causi così tanta immunità da sedare la pandemia». La variante Omicron è stata scoperta in Sudafrica poco più di un mese fa e gli esperti avvertono che, comunque, la situazione potrebbe ancora cambiare. Anche se, i dati della scorsa settimana, suggeriscono che una combinazione di immunità diffusa e numerose mutazioni hanno portato a un virus che causa una malattia molto meno grave rispetto a quella sviluppata dalle varianti precedenti.

In particolare, uno studio condotto in Sudafrica ha rilevato che i pazienti ricoverati in ospedale durante la quarta ondata di virus dominata da Omicron avevano il 73% di probabilità in meno di avere una malattia grave rispetto ai pazienti ricoverati durante la terza ondata di prevalenza delta. «Si tratta di dati abbastanza consolidati che mostrano come i ricoveri non vadano più di pari passo con i casi registrati», afferma Wendy Burgers, immunologa dell'Università di Cape Town. All'inizio, gran parte dell'allarme su Omicron era dovuto al gran numero di mutazioni che poteva avere la variante, molte delle quali sulla proteina spike. Queste mutazioni, suggeriscono i primi dati, hanno permesso al virus di infettare facilmente non solo le persone non vaccinate, ma anche di eludere le risposte anticorpali sia da precedenti infezioni che da vaccini. Ma la preoccupazione degli esperti era basata soprattutto su come Omicron si sarebbe sviluppata dopo il contagio. Insomma, quanto sarebbe stata grave rispetto alle altre varianti. E le prime ricerche porterebbetro a risultati confortanti: omictron, infatti, si sta presentando in maniera meno virulenta, o grave, rispetto alle precedenti ondate di Covid-19. Un fattore è la capacità del virus di infettare i polmoni. Le infezioni da Covid in genere iniziano nel naso e si diffondono lungo la gola. Un'infezione lieve non arriva molto più lontano del tratto respiratorio superiore, ma se il virus raggiunge i polmoni, di solito si verificano sintomi più gravi. Cinque diversi studi i cui risultati sono arrivati nell'ultima settimana, confermano che la variante non infetta i polmoni con la stessa facilità di quelle precedenti.

Lo studio

Secondo uno studio, pubblicato da un team numeroso di scienziati giapponesi e americani, criceti e topi infettati da Omicron hanno subito danni polmonari molto inferiori e hanno manifestato meno rischi di morte rispetto a quelli infettati con varianti precedenti. Un'altra ricerca condotta in Belgio ha riscontrato esiti simili nei criceti siriani, che sono noti per soffrire di malattie particolarmente gravi con precedenti iterazioni del virus. A Hong Kong, gli scienziati hanno studiato un piccolo numero di campioni di tessuto polmonare raccolto durante gli interventi chirurgici, e hanno scoperto che Omicron cresce più lentamente in quei campioni rispetto ad altre varianti. Burgers ha affermato che questo cambiamento di virulenza probabilmente ha a che fare con il modo in cui è cambiata l'anatomia del virus. «Finora il Covid - dice - utilizzava due percorsi diversi per entrare nelle cellule e ora, a causa di tutte le modifiche alla proteina spike, preferisce solo uno di quei percorsi. Sembra che preferisca infettare il tratto respiratorio superiore piuttosto che i polmoni». Questo se da una parte significa un'infezione meno grave, dall'altra una maggiore trasmissibilità, poiché il virus si replica più spesso nel tratto respiratorio superiore, da cui può diffondersi più facilmente.

Inoltre, mentre Omicron mostra maggiore facilità a eludere gli attacchi degli anticorpi, e per questo è così tanto contagioso, altre recenti indagini scientifiche hanno anche dimostrato che ha molto meno successo nell'evitare le difese di seconda linea dei vaccini e delle infezioni precedenti: cellule T e cellule B. Le cellule T sono responsabili dell'attacco di un virus nel momento in cui colpisce gli anticorpi. Sempre Burgers e altri suoi colleghi hanno utilizzato globuli bianchi di pazienti Covid per dimostrare che circa il 70-80% della risposta dei linfociti T è preservata rispetto ai precedenti ceppi del virus. Ciò significa che per coloro che sono stati vaccinati o hanno avuto un'infezione da Covid negli ultimi 6 mesi, è probabile che le loro cellule T possano riconoscere Omicron e combatterlo in tempi relativamente brevi. Questa ultima ricerca dovrà essere seguita da ulteriori studi. Se resiste a un ulteriore controllo, potrebbe chiarire come mai le attuali infezioni sembrano essere più lievi rispetto alle precedenti. «Quando inizi a vedere diversi tipi di dati che puntano tutti nella stessa direzione, puoi cominciare a sentirti più sicuro sul fatto che il dato reggerà», spiega ancora Jessica Justman, epidemiologa del Columbia University Medical center. Detto questo, man mano che i casi salgono alle stelle, il numero assoluto di ricoveri e decessi aumenterà ancora insieme a loro, anche se quei numeri aumenteranno più lentamente.

Chiaramente se il numero di contagiati cresce, potrà non incidere sulla mortalità, ma certamente creerà disagi nel lavoro, nei viaggi e nella scuola. Gandhi, dell'Università della California, a San Francisco, ritiene che, mentre i numeri dei casi potrebbero raggiungere un record, la combinazione di alta trasmissibilità con l'infezione lieve potrebbero veramente segnare la fine della pandemia. E a questo proposito viene citata una indagine condotta all'università di Hong Kong, che ha dimostrato che i pazienti vaccinati infetti da Omicron hanno generato forti risposte immunitarie anche contro altre versioni del virus. Questo, per Gandhi, potrebbe spiegare perché il numero di casi ha raggiunto rapidamente il picco in Sudafrica, per poi iniziare a scendere. «Mi auguro, quindi - conclude - che questa variante crei una totale immunità nella popolazione, ponendo fine alla pandemia».

 
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Ultimo aggiornamento: 19:46 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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