Omicron 2, virus tra i più contagiosi al mondo (dopo il morbillo): ma la mortalità è lontana dalla Peste nera

La storia delle malattie più gravi, dalla Spagnola fino al Covid

Venerdì 25 Marzo 2022 di Giampiero Valenza
Omicron 2 tra i virus più contagiosi al mondo (dopo il morbillo), ma la mortalità è lontana dalla Peste nera

L’intera storia dell’uomo è stata caratterizzata da epidemie e pandemie. Non c’è stato un momento in cui ne sia stato esente. La storica peste, e poi le più recenti influenze come la spagnola, hanno cambiato società, economie, modi di comportarsi. In fondo, se oggi usiamo il termine “quarantena”, lo dobbiamo proprio a quella operazione di prevenzione che veniva attuata a Venezia, nel Quattrocento.

In piena pandemia (allora, di Peste), chi arrivava in città doveva passare un periodo chiuso in un’isola senza avere alcun contatto con gli abitanti del posto.

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Il valore che ci fa capire quanto una malattia sia contagiosa è l’R0. Più questo cresce, più vuol dire che aumenta il numero delle persone contagiate da una persona infetta. Se l’R0 è uguale a 3, vuol dire che una persona malata contagia tre persone sane. Quando R0 si riduce a meno di uno, la malattia si sta per estinguere da sola.

 

L’R0 più alto, ora, è del morbillo (16). A seguire il vaiolo e la rosolia (6), la parotite (4,5), la Sars (3,5), Ebola (2), l’influenza (1,5), Mers (0,8). Secondo la stima di Martin Hibberd della London School of Hygiene & Tropical Medicine, l’R0 della variante Omicron sarebbe intorno a 10, a differenza del ceppo originario di Sars Cov-2 di 2,5 e della variante Delta di circa 7.

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La medicina non poteva contare su strumenti di microbiologia in grado di classificare in maniera precisa virus, batteri e relative varianti. Così, nel corso della storia, ci sono state epidemie e pandemie classificate come “Pesti”. Ma dietro a questo termine ci sarebbero stati casi di colera, morbillo, vaiolo, oltre che di Peste vera e propria.

Nel 430 a.C. fu famosa la Peste d’Atene, che colpì durante la Guerra del Peloponneso quella che oggi è la capitale della Grecia. Fu Tucidide a descrivere una città densamente popolata con un contagio che «mieteva vittime con furia disordinata». Secondo alcuni studiosi sarebbe stata una epidemia di vaiolo o di tifo. Uccise, stando agli storici, un quarto delle truppe ateniesi e un quarto della popolazione in quattro anni.

Nel II secolo d.C. fu la volta della Peste Antonina, che secondo gli esperti altro non era che una epidemia di vaiolo portata dalle truppe di ritorno dalla Guerra contro i Parti. Causò tra 5 e 30 milioni di morti.

Poi, nel VI secolo d.C., ci fu la Peste di Giustiniano, che colpì al cuore Costantinopoli, l’attuale Istanbul. In questo caso, invece, si trattò di una vera Peste, cioè di una malattia causata dal batterio Yersinia Pestis. Secondo Procopio di Cesarea uccise 4 persone su 10 nell’attuale città turca. Si stimano tra 50 e 100 milioni di morti.

Dall’Estremo Oriente, arrivò in Europa passando da Turchia e Sicilia, a metà del XIV secolo, la Peste nera. Uccise un terzo della popolazione europea. Firenze fu tra le città più colpite, a tal punto che Giovanni Boccaccio ne scrisse nel Decamerone. La malattia (causata anche questa dalla Yersinia Pestis), esiste ancora e conta alcune centinaia di casi ogni anno. Ma nel Trecento uccise venti milioni di persone in sei anni.

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Oltre alle pandemie di tifo (una delle quali decimò la grande armée di Napoleone nella sua battaglia di Russia nel 1811) e a quelle di colera, molto interesse su contagi e decessi hanno quelle influenzali.

Si inizia alla fine della prima guerra mondiale, nel 1918. Fu l’anno dello scoppio della Febbre spagnola, chiamata così perché all’inizio furono solo i media spagnoli a parlarne perché non gli unici liberi di parlarne perché non subirono la censura del conflitto: morirono 50 milioni di persone.

Finisce la seconda guerra mondiale e in Italia ci fu il boom economico. In quel periodo, nel 1957, esplose l’Asiatica (chiamata così perché arrivata dalla Cina) e causò 2 milioni di morti. Nel 1968 emerge a Hong Kong un nuovo virus (che circola ancora oggi, l’H3N2) che portò a 2 milioni di decessi nel mondo.

 

Nel 1977 fu la volta dell’influenza Russa (700 milioni di decessi). All’inizio del nuovo millennio il mondo fu scosso da una nuova malattia: l’Influenza suina, chiamata così perché trasmessa dagli animali all’uomo. La pandemia di H1N1, esplosa nel 2009, si concluse l’anno successivo. L’Organizzazione mondiale della sanità contò poco più di 18.449 decessi.

Oltre 35 milioni di morti, invece, ha causato un’altra pandemia esplosa negli anni Ottanta, l’Aids (originata dall’infezione dal virus dell’Hiv). A fine 2019, invece, arriva Sars Cov-2, il virus (frutto di una zoonosi, dunque di un salto di specie dagli animali all’uomo) che causa la Covid-19. In due anni e mezzo ci sono stati 477 milioni di casi e 6,11 milioni di morti. Il paragone con le altre malattie, però, risente di diverse variabili. Tra queste, la vaccinazione, gli strumenti per combatterle e la globalizzazione. Un mondo con maggiore mobilità, ovviamente, ha aumentato il numero dei contagi. Perché, come si dice ormai da tempo, il virus non viaggia con le sue gambe ma con quelle degli esseri umani.

Ultimo aggiornamento: 26 Marzo, 00:23 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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