Covid Italia, il virologo e lo stato d'emergenza: «No a proroga su base di ipotesi»

Lunedì 27 Luglio 2020
ll virologo Clementi e lo stato d'emergenza: «No a proroga su base di ipotesi»

«Fra i motivi che giustificherebbero la richiesta» di una proroga dello stato di emergenza, ipotizzata nei giorni scorsi, «si evidenzia che ancora esisterebbero focolai di infezione e che nei prossimi mesi potrebbe esserci una seconda ondata» di Covid-19. «Quindi si vuole estendere lo stato di emergenza sulla base di una ipotesi». Lo dice il virologo Massimo Clementi, dell'università Vita-Salute San Raffaele di Milano, intervenuto in collegamento a un convegno in Senato. Secondo l'esperto servono invece «nuove strategie, guardando al futuro prossimo che ci attende», «evitando misure drastiche».

Covid Italia, stato d'emergenza fino al 31 ottobre: si va verso la mini-proroga. Contagi in salita

«Nel nostro paese - osserva lo scienziato - la situazione epidemiologica relativa alla pandemia da Sars-Cov-2 è al momento di sostanziale stabilità e controllo.

Un controllo migliore anche di quello registrato in molti altri Paesi europei se si considera il semplice rapporto fra nuove diagnosi giornaliere per milioni di abitanti, anche al netto dei casi diagnosticati in Italia ma provenienti da altre nazioni che sembrano aumentare».
 

La riflessione

Un'eventuale proroga dello stato di emergenza, si chiede Clementi, sarebbe giustificata da un punto di vista medico scientifico dalla situazione attuale epidemiologica e clinica in Italia? «È evidente in primis la progressiva riduzione delle nuove infezioni dal mese di marzo a oggi. In questo risultato il periodo di lockdown, tra i più lunghi, le misure di distanziamento e i richiami all'igiene delle mani e all'uso di dispositivi di protezione individuali sono certamente elementi che hanno dato un contributo importante. A ciò si aggiunga il ruolo della temperatura ambientale che non favorisce questo tipo di virus e dell'irraggiamento ultravioletto». In parallelo, ricorda Clementi, «è stata rilevata anche una modificazione delle modalità di presentazione clinica della malattia, che sempre meno richiede ospedalizzazione, e il sostanziale avvio verso l'azzeramento dei ricoveri in terapia intensiva. Accanto a questo profilo clinico mutato e a una sua evoluzione positiva si è sempre più chiarito il correlato virologico. Nella faringe della maggioranza dei soggetti infettati in Italia alberga una carica virale molto bassa. Abbiamo segnalato fra i primi il fenomeno che ha analogie nell'epidemia di Sars del 2003 e di Mers del 2013. La carica virale è talmente bassa che si è avviata la discussione sulla reale capacità di essere infettanti». 
 

Nuove strategie


La notizia di una possibile proroga dello stato di emergenza «è rimbalzata anche all'estero - dice Clementi - e non è certo un bel messaggio per il nostro turismo. La situazione che appare oggi, e che è stata preconizzata dagli studiosi, è che per un periodo più o meno lungo dovremo confrontarci con attenzione e determinazione con una situazione di focolai che compaiono a macchia di leopardo. Ma questo giustifica uno stato di emergenza reiterato?». Per il virologo no. Anche per il fatto che in altre zone del mondo esiste una situazione epidemiologica ancora fuori controllo «basterebbe una strategia efficace e flessibile di controllo dei flussi dai Paesi a rischio». Guardando al domani, conclude, «c'è necessità di nuove strategie che garantiscano lo stato di salute della popolazione e permettano la ripresa delle attività sociali e produttive in condizioni di sicurezza, evitando qualsiasi misura drastica futura per il Paese. La tutela dello stato di salute è garantita dalla rilevazione delle infezioni soprattutto asintomatiche e dalla localizzazione dei casi positivi. Per quest'ultimo aspetto occorrerà sviluppare o una strategia di sensibilizzazione per favorire l'uso dell'App Immuni, che finora non c'è stato, o sostituire questa con un'altra applicazione più appropriata. In parallelo dovrà essere programmato un uso sistematico di test diagnostici sia sierologici che molecolari. Infine - conclude - una maggior apertura dei decisori alla comunità medico-scientifica in senso lato, eviterebbe brutte polemiche tra scienziati, confondenti per la popolazione».
 

Ultimo aggiornamento: 14:03 © RIPRODUZIONE RISERVATA

PIEMME

CONCESSIONARIA DI PUBBLICITÁ

www.piemmemedia.it
Per la pubblicità su questo sito, contattaci