Covid, una mutazione l'ha reso più contagioso: «È aggressivo in famiglia»

Martedì 3 Novembre 2020 di Francesco Malfetano
Covid, una mutazione l'ha reso più contagioso: «È aggressivo in famiglia»

Il virus ha cambiato marcia. A dirlo non è solamente la crescita del numero di contagi in Italia e nel mondo (oltre a quello dell’indice Rt), ma anche la ricerca scientifica. Se oggi infatti la diffusione del Coronavirus è «molto ampia e peggiore della prima volta», come ha dichiarato ieri il virologo Fabrizio Pregliasco, direttore scientifico dell’Istituto Galeazzi di Milano, lo si deve «alla pervasività di questo perfido virus» che penetra più facilmente rispetto alla primavera. «In questo momento la probabilità di rischio c’è e l’oggettività di contrarre l’infezione è generalizzata» ha infatti aggiunto Pregliasco, ospite di una trasmissione televisiva su Rai3. 

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Un’esplosione in termini di contagiosità che, stando ad alcuni studi americani appena pubblicati, sarebbe stata causata dalla mutazione del virus definita D614G, una delle centinaia già avvenute, che è diventata dominante nel mondo e si è mostrata più capace di aggirare le nostre difese rispetto a quelle che l’hanno preceduta. 

GLI STUDI
A sostenere la maggiore pervasività di questa particolare mutazione è un gruppo di scienziati dell’Università del Texas, ad Austin, e dello Houston Methodist Hospital.

Gli esperti, come riportato all’interno di una pubblicazione scientifica apparsa sulla rivista mBio ed ottenuta coinvolgendo oltre 5 mila pazienti, hanno infatti elaborato una mappa delle mutazioni della proteina spike che gli permesso di studiare il modo in cui avviene il legame tra la componente recettore delle cellule ospiti e anticorpi neutralizzanti. «Il virus sta accumulando mutazioni genetiche - afferma Ilya Finkelstein, una delle ricercatrici che ha lavorato al progetto - e D614G potrebbe averlo reso più contagioso. L’agente patogeno sta mutando a causa di una combinazione di deriva neutra, il che significa cambiamenti randomici che non danneggiano il virus o la pressione sul sistema immunitario». Ebbene, una di queste nuove combinazioni sarebbe diventata preponderante perché più capace di aggirare le nostre difese. «Durante l’ondata iniziale della pandemia - continua la ricercatrice - il 71% dei nuovi coronavirus presentava questa mutazione, mentre con la seconda ondata la prevalenza ha raggiunto il 99,9%».

D’altro canto, uno studio condotto in vitro - per cui con tutti i limiti del caso - realizzato all’Università del Texas a Galveston e pubblicato su Nature, ha provato come proprio la D614G sia 13,9 volte più contagiosa della sua versione originaria, quella di Wuhan . Quando i microbiologi texani hanno infettato le cavie con le due varianti del virus infatti, hanno anche notato che gli animali con D614G producevano più anticorpi neutralizzanti. Nonostante l’infezione producesse cariche virali più alte infatti, questa tendeva a fermarsi nella parte superiore delle vie respiratorie, svicolando meno frequentemente nei polmoni. Una buona notizia perché vorrebbe dire che il virus è meno letale – si tratta di un’ipotesi a cui gli esperti stanno lavorando – ma anche una pessima perché avere più virus nel naso e nella gola favorisce di più il contagio. Soprattutto se ci si rilassa e non ci si attiene alle indicazioni basilari per il contrasto all’infezione: mascherina, distanziamento e frequente igienizzazione delle mani. Non è un caso quindi se il virus abbia preso a correre soprattutto in famiglia dove ci si sente più protetti e si tende a fare meno attenzione. «E’ facilissimo acquisirlo - ha spiegato ancora Pregliasco - magari sul lavoro o in un contesto comunitario, ma poi arriva a casa» e «la famiglia è un elemento moltiplicatore perché si abbassano le difese a fronte della presenza di soggetti asintomatici». 
 

Ultimo aggiornamento: 14:32 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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