Bimbi malati in fuga verso il Nord, i genitori: «Per stare accanto ai nostri figli notti in auto e lavoro a rischio»

Ogni anno in Italia attese circa 1500 diagnosi di tumore nei bambini. Di questi uno su sette è migrante sanitario

Martedì 11 Aprile 2023 di G. Mel
Bimbi malati in fuga verso il Nord, i genitori: «Per stare accanto ai nostri figli notti in auto e lavoro a rischio»

«Quando ci siamo accorti che i papà dormivano in macchina abbiamo deciso che dovevamo fare qualcosa». Roberto Mainiero, prima volontario e poi presidente dell’associazione Peter Pan, di famiglie disorientate, lontane da casa, costrette a lasciare tutto, persino il lavoro, pur di far curare i propri bambini, ne ha viste davvero tante. «L’associazione è attiva da oltre 25 anni per accogliere le famiglie in cura in reparti oncoematologi pediatrici – ricorda Mainiero – Inizialmente, arrivavano nella capitale soprattutto dal sud Italia, in particolare dalla Calabria, dalla Campania e dalla Sicilia.

Ora ospitiamo anche famiglie che provengono dai paesi in guerra. Tutti partono con la speranza di poter trovare una cura adeguata, ma spesso si ritrovano soli e senza un posto dove andare». 

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Secondo la Fiagop, la Federazione Italiana Associazioni Genitori e Guariti Oncoematologia Pediatrica Onlus, ogni anno in Italia sono attese circa 1500 diagnosi di tumore nei bambini e 900 adolescenti. Di questi, 1 su 7 è un migrante sanitario. Giovanna Iosca, 50anni, è arrivata a Roma dalla provincia di Potenza per dare una speranza di guarigione al piccolo Francesco, 10 anni fa. «Mio figlio è in cura all’ospedale pediatrico Bambino Gesù – racconta – Sono stati i medici della mia regione, la Basilicata, a consigliarmi di portarlo subito qui». Il trasferimento, improvviso, ha stravolto la vita di tutta la famiglia. «All’inizio non ho lasciato il lavoro, i medici non sapevano come avrebbe reagito alle cure. Pensavamo si trattasse di un periodo di pochi mesi. Poi però ho dovuto licenziarmi. L’altra mia figlia invece è rimasta con i genitori, che per fortuna hanno potuto starle dietro». Intanto i medici le trovano alloggio grazie a Peter Pan. «Gli affitti erano insostenibili – racconta Iosca -. Ho conosciuto genitori che hanno affittato una roulotte e hanno parcheggiato vicino all’ospedale». 

La situazione è drammatica ovunque. Paola Ruiu arriva dalla provincia di Sassari. Si è ritrovata all’improvviso a Genova, all’ospedale Gaslini, perché per il bambino bisognoso di cure a due mesi di vita in tutta la Sardegna non esiste una terapia intensiva pediatrica. «Adesso ha due anni – dice Ruiu –. Nel giro di poche ore mi è cambiata la vita. Sono arrivata in Liguria da sola, senza altri parenti, con un volo militare. Avevo in mano solo una busta. Nient’altro. La mattina dopo è arrivato mio marito e l’altro mio figlio di 4 anni». Senza più una casa, la famiglia si ritrova senza più niente. «Per fortuna siamo stati prima ospitati nella foresteria dei Carabinieri – racconta - Poi abbiamo anche affittato un alloggio che ci è costato un intero stipendio. Nel frattempo ci hanno segnalato l’Abeo Liguria, che ci ha messo a disposizione una casa, in modo gratuito».

 

Pian piano anche Paola prova a ricostruire una normalità, lontana dalle persone care. «Ma resta comunque la rabbia di essermi dovuta spostare fuori dalla mia Regione – ribadisce - e di aver strappato l’altro mio figlio dalla sua vita normale». Stando ai dati del rapporto MonitoRare del 2022, la mobilità sanitaria infra-regionale per le malattie rare è circa al 17% della popolazione complessiva, ma sale al 25% per i minori. La somministrazione di terapie avanzate e innovative è infatti localizzata in pochi centri italiani. Aumenta quindi la necessità di migrazione per chi si ritrova ad affrontare il dramma della malattia. 

Ma non ci sono solo bambini a doversi spostare con mamma e papà perché la regione in cui vivono non offre una risposta per patologie rare. Tra chi prende un treno o sale in macchina alla ricerca di un ospedale che garantisca servizi di qualità ci sono anche persone che hanno bisogno di cure non complesse. Come Loris Filomeni, che dalla provincia di Fermo si è spostato nella Capitale per potersi sottoporre a cure di radioterapia. «Nella mia Regione, le Marche, non ci sono strutture adeguate, o non funzionano e non hanno macchinari all’avanguardia – racconta - Prima sono stato operato a Padova e poi mi sono rivolto al Policlinico Gemelli di Roma, dove ho trovato professionalità e competenza. Il disagio di spostarmi certo che c’è – ammette – Ma che possiamo fare? Ne va della nostra vita». 

Ultimo aggiornamento: 15:10 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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