Covid, non tristi ma senza gioia: è il “languore” post coronavirus

Giovedì 29 Aprile 2021 di Mario Ajello
Covid, non tristi ma senza gioia: è il languore post coronavirus

Dovremmo mangiare tonnellate di bistecche di tigre. Per darci la forza di essere determinati, fattivi, combattivi. Per trovare le energie della battaglia che ora cominciamo a combattere: quella della post-pandemia, della ripresa e del rilancio, individuale e collettivo, personale e nazionale, dopo tanta paura, tanto stress, tanto dolore a cui il virus ci ha costretto.

Ci siamo accucciati nel nostro bozzolo domestico, nel giro familiare e strettamente amicale quando va bene, in una vita riparata e prudente perché fuori c'è il male. Ma ora che il male s'è indebolito aggrediamo la realtà con rinnovato slancio e voglia di vivere e di costruire? Sarebbe bello se fossimo tutti in questo mood. E invece, assuefatti a stare rintanati anche psicologicamente, abituati da più di un anno a una convivenza con il virus che non ci ha allietato la vita, molti di noi stentano a ritrovare la voglia di riprendersela più e meglio di prima. Sembrano in una specie di letargo, in un limbo fatto di consapevolezza di voler fare unita a un retropensiero collettivo: saremo all'altezza?

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LA SCIA DEL LOCKDOWN


Il New York Times sostiene che il «languore» è lo stato d'animo dominante nel mondo post-Covid in questo anno 2021 e viene da dargli ragione. Anche un sociologo sensibilissimo e attento a ciò che si muove o che sta fermo nella realtà italiana, Giuseppe De Rita, sostiene che «non sta scattando la reazione vitale. Anzi c'è la tendenza a restare nell'ormai lungo letargo di vitalità». E' una malattia? No. Dobbiamo disperarci per questo? No. Sta di fatto però che molte persone qui in Italia sembrano, e confessano di essere, inermi, inerti, bisognosi di veri stimoli, interiori o esterni, per ripartire. Ci sentiamo un po' degli sdraiati, ecco. Privi di quella carica, e di quella felicità o grinta da pericolo (quasi) scampato che è necessaria per voltare pagina. E' uno stato d'animo che il NYT definisce «languishing», una sensazione che ci portiamo dietro dal lockdown e che è assenza di benessere o meglio incapacità di sentirci felici pur non essendo più disperati. Questo «languishing» è un impasto di assenza di gioia e di defict di scopi.

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D'accordo, i paragoni tra pandemia e seconda guerra mondiale hanno stancato, per inflazione. Ma proviamo a immaginare, soltanto per un attimo, che cosa sarebbe stata l'Italia, dopo il 1945, se il «languishing» avesse spadroneggiato. Avremmo forse avuto l'ardore di fare la Ricostruzione e il Miracolo economico degli anni 50? Improbabile proprio. Perché il languore è stagnazione e spaesamento. Non aiuta a mettersi in gioco con coraggio, spinge a guardare le cose come se non ci riguardassero, e come se ci minacciassero ancora, invece di aggredirle con lucidità e lungimiranza cercando di condurle verso un'altra fase in cui godere la gioia anche imprevedibile della novità.


LA DURATA


«Guardiamo la nostra vita come da un finestrino appannato», dice il NYT intervistando psicologi di valore. Peggio: «Siamo indifferenti alla nostra indifferenza». Ma il «languishing» si può combattere. Innanzitutto constatando che esiste. E poi rendendosi conto che è un mood molto esteso, e l'unione nella consapevolezza fa la forza. Chissà se è davvero così o questa è una delle classiche ricette americane, figlie di un Paese abituato all'ottimismo. In Europa è sempre tutto più complicato da millenni di civiltà che sono la nostra forza ma anche un po' la nostra palla al piede. L'autocoscienza collettiva di sicuro ha bisogno di saldarsi con il successo della campagna di vaccinazione. L'iniezione di Moderna o di altri sieri, se massificata al massimo grado, se si rivelerà potente e risolutiva in tempi il più accelerati possibile, può fungere come un vaccino a rilascio lento anche contro il «languishing». Che è una forma di galleggiamento. Ma anche galleggiare dopo un po' stanca. E poi non è mai accaduto che, durante le crisi drammatiche, gli italiani non abbiano trovato le motivazioni per superarle. Quindi, è comprensibile il languire ma non durerà-non durerà-non durerà. Ripetiamocelo continuamente sperando che sia vero.

Ultimo aggiornamento: 30 Aprile, 10:14 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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