Covid e obesità, il rischio è doppio: cosa dice lo studio dell'Università di Bologna

Mercoledì 13 Gennaio 2021
Covid e obesità, il rischio è doppio: cosa dice lo studio dell'Università di Bologna

Covid e obesità anche lieve, due fattori che possono rivelarsi pericolosissimi, letali. L’obeso ha una probabilità di 2 volte e mezzo maggiore di essere ricoverato, di 5 volte di finire in terapia intensiva e oltre il doppio di morire. È un allarme lanciato da uno studio pubblicato dall'università di Bologna sullo European Journal of Endocrinology. Inoltre, secondo l’Istituto superiore di sanità, l’obesità è una delle cause più frequenti di comorbilità nei deceduti per coronavirus

«Il paziente ha già di suo difficoltà respiratorie, perché il grasso che si accumula attorno all’addome ostacola il movimento del diaframma e comprime la parte inferiore dei polmoni.

Inoltre nell’obesità è più frequente che si producano trombi, che come sappiamo vengono provocati dal virus. Insomma, la comparsa del Covid interviene in un quadro già deficitario», risponde al Resto del Carlino Dario Bettini, dell’equipe di Chirurgia Endocrina dell’ospedale di Forlì che occupa di chirurgia bariatrica. 

Cosa dice lo studio 

Le persone affette da obesità anche lieve sono maggiormente a rischio di sviluppare forme gravi di Covid-19 che possono portare fino al decesso. Lo studio guidato da ricercatori dell’Università di Bologna e pubblicato sullo European Journal of Endocrinology dice che tra i pazienti affetti da coronavirus un Indice di Massa Corporea superiore a 30 è associato ad un rischio maggiore di sviluppare insufficienza respiratoria, di necessitare il ricovero in terapia intensiva e di mortalità, indipendentemente dall’età, dal genere e dalla presenza di altre malattie.

L’Indice di Massa Corporea (IMC) è un dato biometrico che mette in correlazione il peso corporeo con l’altezza. Un IMC compreso tra 30 e 35 identifica una condizione di obesità lieve.

Le linee guida sviluppate da diversi paesi, come Regno Unito e Stati Uniti, per individuare le categorie maggiormente a rischio di sviluppare forme gravi di COVID-19 indicano oggi tra i loro criteri un Indice di Massa Corporea superiore a 40, che corrisponde ad un livello di obesità severa.

I risultati dello studio italiano suggeriscono che questo dato andrebbe rivisto al ribasso, includendo tra le persone più a rischio quelle affette da tutti i tipi di obesità.

Il gruppo di ricerca dell’Università di Bologna che ha realizzato questo nuovo studio ha basato le sue conclusioni a partire da informazioni connesse a quasi cinquecento pazienti ricoverati per COVID-19. Dati che hanno confermato l’obesità come fattore associato ad un rischio significativamente più alto di sviluppare forme gravi della malattia e di mortalità, ma che si sono rivelati validi anche per pazienti con forme di obesità lieve. «Il nostro studio ha mostrato che tutti i livelli di obesità sono associati allo sviluppo di forme gravi di COVID-19», spiega Matteo Rottoli, ricercatore dell’Università di Bologna che ha guidato lo studio. «Questi risultati suggeriscono quindi che anche le persone affette da obesità lieve dovrebbero essere identificate come parte della popolazione maggiormente a rischio».

Perché l'obesità è pericolosa

Le possibilità sono diverse: un indebolimento della risposta immunitaria alle infezioni virali, alterazioni delle funzioni polmonari, stati di infiammazione cronica connessi all’obesità. «Il prossimo passo sarà cercare di individuare i meccanismi che sono alla base di questo collegamento», dice Rottoli. «La nostra ipotesi è che le conseguenze dell’infezione da SARS-CoV-2 siano legate al profilo metabolico dei pazienti: questo indicherebbe quindi un possibile ruolo dell’obesità, in connessione con la sindrome metabolica e con il diabete». Nel frattempo, gli studiosi invitano la popolazione e il personale medico a prestare attenzione al maggiore rischio che corrono oggi tutte le persone affette da obesità di ogni tipo. «Le linee guida connesse all’Indice di Massa Corporea andrebbero riviste in modo da includere tutte le persone che sono maggiormente a rischio di sviluppare forme gravi della malattia», conferma Rottoli. «Si tratta di un elemento da non sottovalutare soprattutto nei paesi occidentali, che presentano livelli più alti di diffusione dell’obesità».

Ultimo aggiornamento: 13:17 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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