Lusso e infrastrutture, Roma può ripartire con il turismo a 5 stelle

Studio della Banca del Fucino: «Puntare sulla qualità contenendo il mordi-e-fuggi»

Venerdì 1 Ottobre 2021 di Francesco Pacifico
Lusso e infrastrutture, Roma può ripartire con il turismo a 5 stelle

Fare ripartire e rilanciare l’economia di Roma attraverso il turismo.

Che per uscire dagli slogan sterili, vuol dire creare un nuovo modello di sviluppo iniziando proprio da quello che nella Capitale «può anche essere definito il suo capitale sociale: la forza del suo brand, perché Roma ha un nome conosciuto nel mondo, è apprezzata da generazioni di viaggiatori di ogni Paese, ha un patrimonio storico-artistico di valore mondiale, è la capitale universale del Cattolicesimo, con la sua storia che si studia in tutte le maggiori scuole».

Un’eccezionalità che però va accompagnata dalla «creazione di un’offerta di qualità» e da una ricerca di «turisti di qualità, per poi saperli ospitare in una modalità così soddisfacente da creare un consumo ripetuto (al limite, un consumo ricorrente) del “viaggio a Roma”». Nel rapporto “Prospettive di crescita dell’economia di Roma dopo la pandemia” curato dalla banca del Fucino, la Città eterna è «uno “share-of-dream”, un pezzo di sogno» ed è proprio offrendo questo sogno che si può inseguire un mercato potenziale dalle proporzioni inimmaginabili. Erano 54 milioni totali i turisti prima della pandemia, si può superare di gran lunga questa cifra, ma va riallineata la macchina, puntando appunto sulla qualità, l’alta gamma e su servizi finalmente degni di una capitale.


Il turismo, coniugando il marchio Roma e la nuova offerta, può essere un comodo volano per un’inversione di tendenza di tutta la città. Perché porta con sé nuove infrastrutture, spinge le amministrazioni a potenziare i servizi, impone una migliore capacità di attrarre investimenti dall’estero. E che questa possa essere una strada, lo dimostra anche la fotografia che il rapporto della Banca del Fucino offre della Capitale. Roma è un insieme di contraddizioni.

Ha pagato più di altre realtà italiane l’austerity e il crollo degli investimenti pubblici (solo 7,9 miliardi di euro tra il 2008 e il 2021, 2 negli ultimi 7 anni e la metà di quelli piovuti a Milano), ma vede una forte crescita di quelli privati. Ospita l’8,1 per cento delle imprese italiane, registra un boom di microaziende, aziende in rosa (oltre 100mila) e di stranieri (quasi 70mila), ma calano i grandi nomi. Ha una produzione, secondo le stime del Cer, di 133 miliardi, è quarta tra le grandi capitoli per dimensione economica, ma è 16ma in termini di efficienza e penultima per tasso di occupazione. Regge il terziario e arretra il manifatturiero. Ma si aspetta di capire l’impatto dei fondi del Pnrr (attualmente per Roma ci sono 1,1 miliardi di euro) che potrebbero far salire una crescita già per l’anno incorso del 2,6 per cento del Pil.

 
NUMERI E PROSPETTIVE
E così si torna al turismo. Tornare ai livelli prepandemia non sarà facile, in una Roma dove ci sono appena mille alberghi (dei quali solo il 2 per cento a 5 stelle) e oltre 5mila bed&breakfast, spesso leva del sommerso. Con i flussi stranieri concentrati su quattro Paesi europei (Gran Bretagna, Germania, Spagna e Francia) gli Usa che da soli valgono il 16,9 per cento del totale. Un settore che sconta l’arretratezza dei servizi essenziali ai cittadini, in testa il numero di corse di bus e metro e le difficoltà della raccolta della spazzatura, per non parlare dello stato del Centro storico, che sta perdendo quel senso di romanità, perché «conta oggi meno di 25mila abitanti, in riduzione del 26,8 per cento rispetto al 2015» e vede solo 2mila botteghe artigiane, importanti anche come attrazione turistica.

È duplice la ricetta della Banca del Fucino per risalire la china. Guardando al settore del turismo l’investimento passa per cinque direttrici: creare un’agenzia unica di promozione della Città, con risorse finanziarie vere; una comunicazione sul brand Roma che si affidi al digitale; un riposizionamento delle strutture esistenti sul lusso, compresi ristoranti, musei e negozi; e infine serve «una gamma di prodotti turistici perfetti».

Cioè «la migliore qualità per quel prezzo» negli hotel come nella logistica. Ma accanto deve cambiare la Capitale. Con gli stakeholder pubblici e privati, partendo dal futuro sindaco, uniti per potenziare le municipalizzate; trasformare gli spazi verdi, anche in chiave ricreativa, in quello che a New York è Central Park e a Londra Hyde Park; rivitalizzare i quartieri; digitalizzare anche sfruttando il Pnrr la burocrazia; creare sia un distretto tecnologico dei beni culturali sia un sistema universitario che attragga talenti dall’estero e impedisca a quelli locali di fuggire. Iniziando dal Politecnico lanciato da Unindustria che «valorizzi all’interno di un unico polo le eccellenze accademiche nel campo dell’ingegneria e dell’architettura e favorisca un aumento di laureati nelle discipline Stem, le più richieste dalle imprese». 
 

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