Sarebbe stata l'attesa troppo lunga al pronto soccorso e la preoccupazione per le condizioni del figlio neonato a scatenare la violenza di un uomo verso un infermiere e una guardia giurata intervenuta. È successo al pronto soccorso dell'ospedale Grassi a Ostia, dove l'aggressore si era presentato insieme alla moglie tenendo in braccio il bimbo che perdeva sangue da un orecchio.
I PRECEDENTI
L'episodio ha di nuovo acceso un faro sulle ataviche carenze di organico al Grassi, un presidio che deve sopperire alle urgenze e emergenze dei 250mila abitanti del X Municipio, a cui si aggiungono gli oltre 81mila di Fiumicino e almeno la metà dei 68mila di Pomezia con soli 13 medici di pronto soccorso. Una situazione al collasso a cui la direzione generale della Asl Roma 3 un mese fa ha cercato di porre riparo, trasferendo il nucleo di cure primarie dal poliambulatorio di Casal Bernocchi ai locali appositamente allestiti presso il pronto soccorso del presidio ospedaliero Grassi. Una soluzione tampone che evidentemente non risolve i turni notturni al pronto soccorso. Sull'episodio è tornato a farsi sentire il direttivo Roma e Lazio dell'Unione lavoratori sanità. «Medici e infermieri sono stanchi di subire continue aggressioni e minacce durante l'attività prestata in condizioni limite riporta il comunicato del sindacato vista la nota situazione di sofferenza dei pronto soccorso dovuta a carenza di posti letto e di personale in tutta la regione. La legge attuale è del tutto inefficace nel contrastare seriamente questo fenomeno abominevole che si sta diffondendo nella società. Aggredire chi ti può curare non è la soluzione prosegue la nota - la presenza di presidi della polizia non viene assicurata durante la notte, periodo in cui si verificano spesso eventi del genere. Riteniamo indispensabile a questo punto che intervenga duramente il Governo per mettere fine a questa follia che sta portando alla fuga di infermieri e medici dai pronto soccorso. Gli operatori sanitari conclude il sindacato - non si vedono da tempo tutelati dallo Stato per cui lavorano e per cui cercano, nonostante le evidenti difficoltà, di garantire il diritto alla salute di tutti».
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