Willy Monteiro, i fratelli Bianchi: «Ma in carcere si beve solo acqua?»

Lunedì 14 Settembre 2020 di Alessia Marani
Willy Monteiro, i fratelli Bianchi: «Ma in carcere si beve solo acqua?»
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«Ma adesso saremo costretti a bere l’acqua di rubinetto?». A poche ore dal brutale assassinio del giovane Willy Monteiro Duarte sulla piazza di Colleferro, a Sud di Roma, l’unica preoccupazione dei fratelli Gabriele e Marco Bianchi, accusati dell’omicidio insieme con Mario Pincarelli e Francesco Belleggia, è stata questa. Non altro. Lo hanno domandato mentre la sera di domenica 6 settembre stavano per varcare la soglia del carcere di Rebibbia. Ora chiusi nelle loro celle in isolamento, per i due fratelli di 26 e 24 anni, ossessionati dalla cura del corpo e dalla bella vita, la mancanza dell’acqua minerale non è davvero più l’unico cruccio.

Stamani i loro legali, Mario e Massimiliano Pica - che difendono anche Pincarelli - faranno ricorso al Riesame contro l’ordinanza di custodia cautelare in carcere, puntando a confutare le ragioni della trasformazione del capo di imputazione da omicidio preterintenzionale a volontario. Un altro aspetto che sarà preso in considerazione, probabilmente, è la circostanza dell’arresto avvenuta in “quasi flagranza” e non esattamente in flagranza sul posto del pestaggio. Il Riesame, dunque, si riserverà di decidere o per il rigetto (il che rappresenterebbe un implicito rafforzamento della tesi dell’accusa) o per l’accoglimento della richiesta il che potrebbe permettere ai tre di lasciare il carcere e andare ai domiciliari. Intanto, comunque, i legali potranno avere accesso agli atti di indagine acquisiti finora dai carabinieri di Colleferro e dalla Procura di Velletri. 


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Urla e sputi


Già Belleggia nei due giorni di detenzione (è l’unico a cui il gip ha concesso i domiciliari) ha provato sulla sua pelle il clima di disprezzo e di odio da parte degli altri detenuti. Sputi al loro passaggio, «non vi vogliamo», l’eco delle urla nel braccio dei “transiti” di Rebibbia, un carcere dove si trova chi solitamente ha già ricevuto una condanna e che, per mancanza di posti nei vari istituti dovuta anche all’isolamento obbligatorio di 14 giorni imposto dal rischio Covid per ogni nuovo ingresso, si è trovato a ospitare chi, al contrario, è ancora in attesa di giudizio. Gli avvocati Pica si sono raccomandati con la direzione e il Dap, la Penitenziaria, perché i loro assistiti siano tutelati: «Oltre che doveri hanno dei diritti inviolabili», sostengono. Tanto che la direzione della casa circondariale si sta attrezzando per mantenere i tre ragazzi di Artena in isolamento rispetto agli altri reclusi anche al termine della quarantena per il Coronavirus. 

Intanto le indagini sull’omicidio dell’apprendista cuoco 21enne di Paliano (Frosinone) proseguono. Nella caserma dei carabinieri di Colleferro si stanno presentando spontaneamente nuovi testimoni del pestaggio avvenuto in largo Oberdan, a pochi passi dai locali della movida di Colleferro. Pierluigi Sanna, sindaco appena trentenne della cittadina, ha fatto appello a tutti coloro che quella sera erano nella zona (decine e decine di ragazzi e non solo) di prendere coraggio e farsi avanti, per non lasciare da soli gli amici di Willy e due ragazze che si sono fermate ad aiutarli, a doversi presentare in aula a testimoniare. 
 

I buttafuori


E in tanti hanno risposto, finora tra le dieci e le quindici persone, maschi e femmine, non solo giovanissimi ma anche dei cinquantenni. Tra loro anche i buttafuori dei locali, intervenuti non appena hanno sentito il trambusto: «Siamo scesi giù in strada, quel ragazzo era già a terra e abbiamo visto l’auto scappare via». Sostanzialmente le versioni rese coincidono con le prime verbalizzate a poche ore dal delitto. Tutti, però, sembrerebbero concordi nel dire che a picchiare Willy siano stati tutti e quattro gli indagati, nessuno escluso. In particolare, i fratelli Bianchi scesi dall’Audi Q7 avrebbero cominciato a sferrare mosse di arti marziali e pugni all’impazzata «sradicando i cestini dell’immondizia, buttando giù i paletti. Quando si è materializzata quell’auto sembrava calata una seconda notte», ha detto uno dei testimoni.

Ieri pomeriggio centinaia di persone appartenenti alla comunità capoverdiana (Willy è figlio di una coppia di lavoratori immigrati), hanno sfilato in corteo fino al luogo dell’uccisione. Davanti il cartellone «Giustizia per Willy» tenuto dalla sorella Milena, stretta nell’abbraccio di uno zio e dei cugini. Una sfilata silenziosa, di dolore e dignità. «La famiglia del ragazzo non cerca vendette, né clamore - spiega l’avvocato Domenico Marzi - solo giustizia. Noi contiamo che il processo inizi entro dicembre».

 
 
 
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Ultimo aggiornamento: 15 Settembre, 00:47 © RIPRODUZIONE RISERVATA