Non ha dimenticato il suo ospedale nemmeno in punto di morte e ha chiesto alla figlia di fare una donazione al nosocomio. Per il chirurgo Mario Di Paolo, deceduto a 71 anni una settimana fa, l’”Angelucci” di Subiaco è stato tutta la vita.
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LA STORIA
«Era giusto ascoltare l’ultima volontà di mio padre - ricorda – perché anche quando stava male chiedeva sempre informazioni sull’Angelucci». Mario Di Paolo, che da anni viveva Rieti, ha lavorato al nosocomio sublacense quando era un ospedale con 76 posti per pazienti acuti, con una chirurgia autonoma, una rianimazione: lui era chirurgo generale, aiuto del primario. Oggi l’”Angelucci” è una struttura con soli 30 posti, la più piccola del Lazio, ha perso la classificazione di ospedale di pronto soccorso dopo il taglio di reparti e letti.
«Di questo mio padre era molto preoccupato – ricorda Maria Elena – e ha voluto dare aiuto anche in punto di morte». La volontà del medico è stata subito rispettata e dopo aver raccolto il denaro, la figlia si è messa in contatto con la direzione sanitaria. «Ho chiesto al direttore Cortellessa – dice la donna – cosa potevo acquistare di utile con mille euro». E visto il particolare momento la scelta non poteva non cadere sul Covid. Con i soldi sono state regalate all’ospedale 200 mascherine Fp2, 15 visiere protettive ed un Pc portatile. «L’ospedale non aveva un Pc – dice la figlia del medico – e sono stata contenta di questa donazione». Il chirurgo anche se in pensione voleva tornare a dare una mano: «A primavera - conclude Maria Elena – c’è stato il bando per richiamare i medici pensionati: sarebbe andato, ma non era in condizioni di farlo».