Roma, il 50% dei lavoratori resta in smart working

Lunedì 31 Agosto 2020 di Jacopo Orsini
Roma, il 50% dei lavoratori resta in smart working

Lo smart working imposto dall’emergenza Coronavirus sta cambiando l’organizzazione del lavoro delle aziende, soprattutto quelle più grandi. Le misure di contenimento della pandemia, e la necessità di tenere a casa improvvisamente tutti i dipendenti che potevano continuare a svolgere le loro mansioni anche senza andare in ufficio, ha infatti costretto le imprese a ripensare l’attività, anche in modo strutturale. In attesa di vedere quali saranno gli effetti di lungo termine di questo cambiamento, anche con il rientro dalle ferie estive la maggior parte dei dipendenti delle grandi società presenti a Roma continuerà a lavorare da casa. Con aziende dove la modalità agile arriva a punte di oltre il 90% dei dipendenti che possono svolgere la loro attività senza andare in azienda. Contando il pubblico insomma meno della metà dei lavoratori tornerà in ufficio ma nelle grandi imprese la percentuale di chi continuerà a rimanere a casa sarà decisamente più alta.

Al lavoro da remoto si è dovuta adattare anche la Pubblica amministrazione. Attualmente circa sette statali su dieci lavorano lontano dagli uffici. Da metà settembre gradualmente la metà degli impiegati che sta facendo smart working rientrerà. Per la Capitale si tratta di circa 150 mila persone su un totale di 400 mila dipendenti pubblici. E anche il comune di Roma, dove lavorano circa 23 mila persone, continuerà a tenere a casa circa la metà dei dipendenti. E secondo alcuni scenari fatti dall’Agenzia per la mobilità, all’interno del Grande raccordo anulare, a settembre potrebbero essere circa 400 mila in meno le persone a viaggiare sui mezzi pubblici nell’ora di punta del mattino. A gennaio in epoca pre-Covid a muoversi nell’ora di picco erano oltre 1,2 milioni di persone.

«Lo smart working da fenomeno di nicchia, quale era fino a poco tempo fa, è diventato un modo diffuso di lavorare. Il lockdown ha funzionato da forte acceleratore e ne ha cambiato in larga misura i caratteri», ha scritto sul Sole 24 Ore il presidente del Cnel, Tiziano Treu, sottolineando come prima dell’emergenza lavoravano da remoto circa 500 mila persone, mentre nelle settimane di isolamento si la cifra sia salita a 8 milioni in tutta Italia. «La pandemia ha accelerato alcuni processi che erano già in corso - riflette il presidente di Saipem, Francesco Caio - è chiaro però che la scala e la velocità con cui in pochi mesi, nel mondo intero, è diventato normale lavorare in remoto richiede una riflessione profonda sugli impatti strutturali di un tale fenomeno: dai processi di socializzazione e rappresentanza del lavoro, all’organizzazione aziendale, al rapporto tra città e periferie, tra grandi centri e borghi, al sistema dei trasporti».

Un ripensamento a cui anche il governo non potrà rimanere estraneo. L’esecutivo sta infatti lavorando a una legge sullo smart working. «Dobbiamo farla», ha detto il sottosegretario al Lavoro, Francesca Puglisi, ricordando che «il 24 settembre» con il ministro Nunzia Catalfo «abbiamo convocato una riunione con le parti sociali per ragionare sul futuro». Oltre all’andamento dei contagi, che nelle ultime settimane sono tornati a salire, per le aziende una data che farà da spartiacque sarà quella del 15 ottobre, giorno in cui è stata fissata dal governo la fine dello stato di emergenza epidemiologica. Fino a quel momento infatti le norme varate per contenere la diffusione del virus consentono alle imprese di far lavorare i dipendenti da casa senza dover negoziare niente. Successivamente invece, salvo proroghe dello stato di emergenza, saranno necessari accordi individuali. Motivo per cui le grandi aziende finora hanno cercato di muoversi con prudenza e in accordo con i sindacati.

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Ministeri
Ritorno graduale per 150 mila dipendenti statali

Un milione di statali si appresta a tornare in ufficio dopo mesi di smart working. Dal 15 settembre infatti il lavoro agile non sarà più considerato la modalità ordinaria di svolgimento della prestazione lavorativa, ovvero cesserà di avere effetto quanto disposto dall’articolo 87 del Cura Italia. A quel punto il 50 per cento di quelli che svolgono attività smartabili in seno alla Pa non sarà più autorizzato a rimanere a casa. Ancora oggi lavorano da remoto circa sette dipendenti pubblici su dieci, ovvero oltre due milioni di statali su 3,2 milioni. Nel momento di massima emergenza lo smart working ha toccato punte del 90 per cento in alcune amministrazioni, dall’Inps all’Agenzia delle Entrate. I cosiddetti lavori smartabili in seno alla Pubblica amministrazione sono quelli delle funzioni centrali, che inglobano 250 mila lavoratori pubblici, e degli enti locali, altri 600 mila dipendenti. Nella sola Capitale, dove si concentra buona parte del lavoro pubblico, si contano 400 mila statali, di cui 100 mila hanno già fatto ritorno nei ministeri, negli enti pubblici, nelle agenzie fiscali. Altri 150 mila inizieranno ora gradualmente a raggiungerli, nel rispetto delle regole di sicurezza imposte dal Covid-19. Gli statali che saluteranno lo smart working troveranno ad accoglierli barriere separatorie, mascherine e termoscanner. Il nuovo protocollo sulla sicurezza prevede l’uso su larga scala dei dispositivi di protezione individuali, sanificazioni, nuovi orari di apertura degli uffici per evitare assembramenti, la rilevazione delle temperatura corporea, accessi contingentati a mense e spazi fumatori e riunioni telematiche.
Francesco Bisozzi

Imprese
Nel settore privato la prudenza durerà anche oltre ottobre

Graduale rientro in ufficio per i dipendenti delle grandi aziende in attesa di vedere l’evoluzione dell’emergenza. All’Eni solo il 15% delle 2.900 persone che lavorano nelle sedi di Roma è tornato e lo smart working resterà in vigore fino al 15 ottobre. All’Enel in Italia sono operative da casa intorno a 15.000 persone su 30mila. Nella Capitale la modalità da remoto riguarda invece circa 5.400 impiegati, la maggior parte di quelli basati in città. Non previsto per quest’anno il rientro in ufficio, anche se tutto dipenderà dall’evoluzione della situazione. A Terna (un migliaio di dipendenti a Roma) dal 4 maggio è iniziata una cauta riapertura degli uffici che oggi ospitano fino al 40% dei lavoratori. In Acea opera da casa il 90% dei dipendenti che possono svolgere attività da remoto (circa 5mila su un totale di 9mila). Entro la fine dell’anno le presenze saliranno al 40%. Alla Bnl (che nel palazzo in zona Tiburtina ha oltre 3 mila persone) in ufficio non più di un terzo fino al 18 settembre, poi dal 21 si salirà al 50%. 
Alla Poste, dove nella sede centrale dell’Eur lavorano non men di 6mila addetti, attualmente lo smart working è all’80%. Da settembre previsto un rientro graduale in ufficio fino al 40% delle presenze. Progressivo incremento delle presenze anche alla Cdp dove si salirà dal 25% di luglio al 30-50%. Quasi tutti in smart workig, tranne gli operativi, i circa 8.000 dipendenti di Tim di base a Roma. Dopo il 15 ottobre si potrà scegliere se continuare da casa o rientrare. Poi da gennaio, d’intesa con i sindacati, nuova organizzazione più flessibile. Lavoro agile anche praticamente per tutti i 2 mila lavoratori di Wind. Engineering infine prevede di riaprire il suo quartier generale romano il 15 ottobre. Per ora in 2.400 continuano a lavorare da casa.
j.o.

Comune
Metà lavoratori ancora da remoto fino a dicembre

Fino alla fine dell’anno metà dei dipendenti del Campidoglio resterà in smart working. In pratica, lavoreranno da casa quasi 7mila travet del più grande ente pubblico del Paese (considerando anche le municipalizzate, le maestre di nidi e asili e i vigili si superano i 23mila addetti a carico di Roma Capitale). Durante il lockdown, in remoto, agivano i due terzi del totale. Dal Comune di Roma spiegano che stanno soltanto applicando la direttiva del ministro della Pubblica amministrazione, Fabiana Dadone, per gli enti locali, scritta proprio per ridurre i rischi di contagio da Covid per i dipendenti e gli utenti. Anche se aspettano di vedere i prossimi Dpcm e di capire quale sarà il numero di positivi, per riequilibrare le presenze. Fatto sta che, in concreto, sono aperti al pubblico principalmente gli uffici dell’Anagrafe: ai quali, però, si può accedere soltanto per appuntamento e mantenendo le distanze. Anche se, in casi gravi ed eccezionali - come scoprire che la propria carta d’identità è scaduta nell’imminenza di un viaggio - ci si può presentare agli sportelli senza appuntamento. Tutto il resto, le altre pratiche da sbrigare come la richiesta per le pubblicazioni di matrimonio o un’autorizzazione per occupare il suolo pubblico, lo si fa online. Per esempio, quando c’erano da depositare le domande per il buono spesa, è stata sottoscritta una convenzione con gli edicolanti per scannerizzare i moduli e inviarli agli uffici. Ma lo smart working è una strada sulla quale il Comune di Roma punta anche dopo il Covid: a regime si vuole far lavorare in remoto il 30 per cento del personale.
Francesco Pacifico

Ultimo aggiornamento: 12:10 © RIPRODUZIONE RISERVATA