Uno stadio modello inglese, 45mila posti, per la Roma, in una zona ben collegata, comoda da raggiungere per i tifosi, possibilmente nei paraggi di un quartiere «a forte densità romanista».
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L’ad Guido Fienga ha parlato due volte con la sindaca Virginia Raggi, prima e dopo avere comunicato l’addio del club al progetto pallottiano, segnato da mille intoppi e squassato dalla inchieste per corruzione. Di quell’operazione, resterà solo qualche opera pubblica che il Comune si è impegnato a finanziare comunque: il ponte dei Congressi e il potenziamento della Roma-Lido, pagato in gran parte dalla Regione.
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Ora si apre un capitolo nuovo: venerdì l’amministratore delegato si vedrà con la prima cittadina per iniziare a parlare del nuovo progetto, seguito da vicino anche dal manager Stefano Scalera. Si riparte da zero. Ma si va di corsa. L’obiettivo è presentare il progetto entro il 2021, in modo da avere i permessi da qui a due anni. Poi, se tutto filerà liscio, il fischio d’inizio della partita inaugurale potrebbe addirittura arrivare nel 2025-26, fra 4 anni. Se c’è ottimismo in casa Roma è perché la nuova gestione Friedkin bada molto al concreto. Non a caso, come consigliato anche da alcuni advisor, si cercherà in prima battuta un’area dove per costruire l’impianto non sia necessaria a tutti i costi una variante urbanistica. L’idea è costruire uno stadio, non uno stadio e un quartiere di uffici come sognava, senza successo, il predecessore Pallotta. Di quell’operazione calcistico-immobiliare, come rimarcava ieri De Rossi, «è rimasto soltanto il plastico, finirà in uno sgabuzzino».
LE ZONE
Novità: lo stadio del futuro sarà di proprietà della Roma. I Friedkin spazzano via uno dei tanti paradossi del vecchio piano, che avrebbe visto la società giallorossa affittuaria dell’impianto, con un canone milionario a carico. Escamotage da azzeccagarbugli, che non sarà replicato. L’analisi delle aree ancora non è entrata nel vivo. Circolano solo alcune ipotesi: una è l’Ostiense, vicino al vecchio Luxometro dismesso. Si parla di un’area sulla Togliatti. Molto sullo sfondo, c’è l’ipotesi Fiumicino (ma è preferita un’area in città).
Il recupero del Flaminio non convince: troppi vincoli. Solo se il Comune fornisse garanzie, se ne potrebbe parlare. Ma anche nel vertice di venerdì Raggi farà capire di non poter assicurare granché: la maggior parte delle limitazioni sono apposte dalla Soprintendenza statale. Si cercherà un quadrante ben collegato, con strade già fatte, senza la necessità di costruire ponti o altro. Al limite, potrebbe essere allungata una fermata del trasporto pubblico, metro o ferrovia. Il budget complessivo per l’operazione, stando alle prime indiscrezioni, sarebbe di 3-400 milioni.