Roberto Gualtieri vuole accelerare sul futuro termovalorizzatore.
Da accelerare nodi che si protraggono da anni, come l’avvio del quinto bacino della discarica di Rocca Secca, nel frusinate, che è stato autorizzato nel gennaio del 2021 e che dovrebbe avere un’ampiezza di almeno 200mila metri quadri. Ma i lavori non sono mai partiti anche per i problemi giudiziari di Walter Lozza, il titolare della Mad, che possiede l’area. Se a Rieti si guarda principalmente a impianti sul fronte dell’organico e per lavorare il compostaggio, nella provincia di Roma c’è il nodo del via libera della discarica di Magliano Romano. Che potrebbe ospitare fino a 890mila tonnellate di materiali all’anno. Al momento c’è il parere favorevole degli uffici regionali per il rilascio della Via (valutazione di impatto ambientale), che permetterà al catino di accettare anche rifiuti urbani oltre a quelli inerti, già autorizzati. Ma deve essere ancora concessa la Aia (l’autorizzazione integrale ambientale) e su questi invasi pendono le spade di Damocle di un ricorso al Tar da parte di alcune associazioni di cittadini e un faro aperto dall’Unione europea, che ha accolto una petizione per non sbloccare il catino recapitata dagli stessi comitati. Sempre restando nell’area metropolitana di Roma, sono stati nominati i commissari (i giuristi Atzori e Fico) per gestire la riapertura della discarica di Albano Laziale (prorogata fino al 15 novembre) e l’avvio del Tmb di Guidonia Montecelio.
NAVI E TRENI PER L’EUROPA
Intanto a Roma Ama e il Comune non escludono di aumentare l’invio dei rifiuti all’estero, anche perché la ripartenza della stessa Albano potrebbe non bastare. Le ditte di broker che hanno già vinto il bando per i rifiuti all’estero lanciato due anni fa dall’ex giunta Raggi con Invitalia hanno già bussato alle porte della istituzioni romane: sono pronti a quintuplicare le 120mila tonnellate già concordate per i prossimi tre anni. In totale 600mila tonnellate da poter mandare negli inceneritori del Nord Europa (Olanda, Germania, Danimarca o Austria). Tutti impianti rimasti orfani per colpa della Brexit dei materiali che un tempo arrivavano dalla Gran Bretagna. E che in alcuni prendono anche il talquale, il rifiuto da sacco nero, e lo bruciano direttamente per farne energia. Quindi senza aver bisogno del css, del combustibile solido secondario, cioè il rifiuto trattato e stabilizzato nei Tmb. Mandare i rifiuti fuori dai confini comporta maggiori problemi sul fronte della logistica: vanno messi sulle navi che da Civitavecchia partono per Rotterdam e da qui vanno traslati sui treni per il resto dell’Europa. Anche se dalla municipalizzata fanno notare che ormai i prezzi per lavorare i rifiuti in Italia e all’estero sono quasi gli stessi: sui 215 euro a tonnellata nel primo caso, 235 nell’altro.