«Le Asl non ci comunicano i nomi dei medici che non si sono vaccinati. L'hanno fatto soltanto in parte le aziende sanitarie di Frosinone e Viterbo». Questa la denuncia del presidente dell'Ordine dei medici di Roma, Antonio Magi. E tanto basta per mettere a rischio le sospensioni dei medici no vax.
Nel Lazio, stando alle ultime dichiarazioni dell'assessore alla Sanità, Alessio D'Amato, sono 2.300 i medici che non si sono vaccinati. Ma la stragrande maggioranza di loro l'avrebbe fatto per motivi di salute: sono soggetti che soffrono o hanno sofferto di patologie immunodepressive, che impediscono loro di reggere le controindicazioni dei vaccini. Poi - ma un numero preciso ancora non c'è - si sarebbero 300 sanitari, quindi anche infermieri, convintamente no-vax: che hanno scelto di non immunizzarsi perché non credono in questo strumento. A quanto si stima, la maggior parte dovrebbe lavorare presso strutture private o svolgere la libera professione.
Tolleranza zero - Nonostante D'Amato abbia promesso tolleranza zero, al momento i provvedimenti di sospensione non raggiungono i trenta casi. E di questi una decina sono stati comminati dall'Asl Roma 5, che gestisce oltre 70 comuni a sud della Capitale. Per il resto, questo dossier è ancora fermo. E lo è nel momento in cui è scattato l'obbligo del Green pass anche per gli operatori sanitari. E qui entra in gioco anche il ruolo dell'Ordine.
Stando a quanto prevede il decreto legge 44 Covid, proprio gli Ordini (dei medici e degli infermieri) comunicano i nominativi dei propri iscritti alla Regione. La quale gira questi dati alle Asl, che - confrontandoli e incrociandoli con le informazioni prese dall'anagrafe vaccinale - verifica se i sanitari si sono immunizzati oppure no. In caso contrario, le aziende sanitarie scrivono ai professionisti e chiedono entro cinque giorni o di vaccinarsi oppure di motivare il loro diniego. Se non ci sono giustificazioni di natura medica, le Asl avvertono i datori di lavoro (ospedali o cliniche private) e ottengono o l'allontanamento dai presidi medici dove c'è contatto con i pazienti oppure la sospensioni delle mansioni e dello stipendio.
Parallelamente - ecco l'ultimo tassello che è decisivo nel blindare questi provvedimenti - le Asl comunicano le loro decisioni agli Ordini competenti (medici e infermieri in primis), che riuniscono il loro consiglio, prendono atto della cosa e notificano agli interessati la cosiddetta sospensione dall'attività di contatto con i pazienti, che di solito rientra quando il sanitario no vax decide di completare la vaccinazione. Secondo Magi, «la mancata comunicazione dell'Ordine, pur essendo una presa d'atto formale, potrebbe inficiare i provvedimenti delle Asl, se medici o infermieri decidessero di ricorrere al Tar entro 60 giorni, come prevede la legge. Rischiamo di mandare tutto all'aria per una distrazione. Che si potrebbe evitare semplicemente comunicandoci i nomi dei professionisti sospesi».