Morto a 15 anni travolto dal treno, un nuovo messaggio fa riaprire le indagini

Giovedì 30 Luglio 2020 di Rosalba Emiliozzi
Morte di Valerio, riaperte le indagini e nessun funerale. Il padre: «Non mi rassegno, una torta per i suoi 18 anni»

È morto a 15 anni in circostanze ancora misteriose e da due anni e mezzo non ha sepoltura. Non c’è ancora una tomba con il nome di Valerio Frijia, brillante studente di liceo che nella sua breve vita, come tantissimi ragazzini, ha incrociato gli spinelli, il mondo subdolo della droga, la morte cui è andato incontro senza saperlo la notte freddissima del 13 gennaio del 2018, travolto e ucciso da un treno che passa una volta a settimana senza fermasi nella piccola stazione di Labico, alle porte di Roma, dove il giovane abitava con i genitori e il fratello maggiore.


«Ancora non pensiamo al  funerale - dice il padre Alessandro, funzionario amministrativo dell’università La Sapienza di Roma -ci sono ancora accertamenti. Il gip per la seconda volta ha disposto nuove indagini, altri 5 mesi, l’ho saputo proprio ora». Per questo papà distrutto dal dolore è una piccola consolazione, un barlume verso la ricerca della verità dopo mesi di attesa e delusioni. «Valerio, quel poco che resta di lui, è ancora in una cella frigorifera dell’obitorio di Tor Vergata. Il 26 luglio avrebbe compiuto 18 anni,  abbiamo fatto una torta, l'abbiamo ricordato, con lui vivo avremmo fatto una grande festa. Non mi rassegno alla sua morte, anche se lo sento spesso vicino. Sono da tre mesi a casa in smart working e spesso allungo lo sguardo verso la sua cameretta, è tutto come l’aveva lasciato lui: la sciarpa della Lazio, le sue maglie del calcio, l’agenda di scuola, i compiti segnati da fare, i libri. Mio figlio avrebbe avuto una bellissima vita». Frequentava il liceo linguistico Machiavelli di Roma, un bel ragazzo, sempre allegro. 

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Ormai alla pista del suicidio non crede più nessuno. Non restano che l’incidente, una caduta accidentale o provocata magari da una spinta o da un’aggressione nel corso di una serata segnata da una foto inviata a un’amica, rimasta sconosciuta, via Whatsapp che immortala 4 spinelli e la scritta: «Ma mia serata inizia qui». Ma c’è un’altra frase su cui l’avvocato della famiglia Frijia, Alessandro Maria Servadei, ha puntato nell’opposizione della richiesta di archiviazione del pm, accolta nei giorni scorsi dal gip di Velletri. Una frase spezzata, inviata a una ragazza e intervallata da messaggi audio: «Mi sa che sono nella m...». «Valerio l’ha scritta a un’amica uno o due giorni prima che morisse, si tratta di un nuovo elemento e abbiamo chiesto che venisse sentita la ragazza» dice l’avvocato Servadei che ha richiesto anche altri accertamenti: la compatibilità, ad esempio, della disposizione del corpo sui bambini con la caduta dalla scarpata, i reperti unghiali e sui brandelli di vestiti, capire cioè se il ragazzo si è difeso e se sono rilevabili traccie di Dna. «Vorremmo capire se c’è stata una colluttazione e se il corpo sia stato portato dopo sui binari» spiega l’avvocato che ha anche chiesto accertamenti tecnici come il backup della chat di Valerio su Whatsapp Facebook e Google drive.
 

 

«E’ una morte equivoca, da approfondire. La domanda che dobbiamo porci è perché un ragazzo è uscito di casa di nascosto, da solo di notte, con il buio pesto e il freddo gelido, per andare in cima a una scarpata da dove è precipitato, che ci faceva lì quel ragazzo? Perché gli amici, interrogati, dicono di non averlo visto quando la telecamere lo riprende mentre manda messaggi appena uscito di casa?» dice l’avvocato.
Le indagini al momento non hanno portato esito. Nella richiesta di archiviazione il pm scrive che non si sono elementi per attribuire responsabilità in capo al reato di omicidio colposo. Il fascicolo è ancora contro ignoti.

Ultimo aggiornamento: 17:35 © RIPRODUZIONE RISERVATA